Sul nulla di giornate vuote

"[...] la fattività ormai senza senso del sistema uomo [...] come non ci deve angosciare altresì il nulla di giornate vuote, che non dobbiamo riempire con il fare, ma soltanto con il percepire al nostro cospetto il pensiero dell'altro, impegnato nello stesso nostro lavoro di sempre maggiore distacco, sia dal pieno senza senso, sia dal vuoto senza rimedio."

(Silvia Montefoschi, 2002)


Infine oltre il tempo, oltre lo spazio, oltre la materia

"[...] distanza che dobbiamo costantemente mantenere dalla 'fattività', pena ricadere nell'assenza della presenza a noi stessi, ovvero nella dimenticanza di noi facendoci tutt'uno con il fare.

Grande fatica questa, perchè è proprio il perderci nella 'fattività' che nel 'farci passare il tempo' (come suol dirsi) ci allevia dalla dolorosa sensazione del tempo finito che sembra non passare mai.
Sensazione che ci viene proprio dalla discontinuità con il quale funziona il sistema sensoriale; discontinuità a sua volta conseguente al pensarsi del pensiero nella successione dei pensati, intervallati da quell'attimo di assenza  del pensiero stesso a se stesso in cui esso, il pensiero si intende, vede sè nel pensato.

Cosa questa che crea il tempo, lo spazio, la materia."

(Silvia Montefoschi, 2002)



Questa canzone sembra contraddire anche se solo in parte la precedente canzone ma non è così





Diceva la mia amica del cuore, la mistica cattolica Thérèse Martin ormai rassegnatasi fin dall'infanzia dopo la morte di sua madre Zelie Guerin che l'aveva fatta precipitare in una psicosi che la lasciò a lungo nevrotica per poi rialzarsi e procedere in "una corsa da gigante che terminò solo con la sua morte (TM, "Manoscritti autobiografici", 1895-1897).


"La vita è una continua separazione" (TM, "Manoscritti autobiografici", 1895-1897)


No, amica, non separazione ma  "distinzione",
distinzione e non separazione: distinzione.
Ed è proprio la distinzione che invece unisce anzichè dividere.

Cara amica ormai io e te siamo vaccinati grazie all'immane  lavoro svolto in questi duemila anni da GiovanniSilvia e nessuno ci può più raccontare la favola romantica dell'Uno, dato che noi sappiamo che l'uno vero è solo l'Uno-Duale.
Ha fatto bene il grande Giovanni a smettere di inneggiare all'amore: la relazione è più dell'amore, molto  di più e io infatti non ti chiamo amore, non ti ho mai chiamato amore ma amica, mi viene più naturale e poi mi eccita molto ma molto di più.

Amica amica amica.
Quando ti chiamo amica
è come stare con un uomo
pur sapendo che invece sei una donna
ma è come stare con un uomo
anzi di più
perchè tu non annoi
bla bla bla
e bla bla bla
no, tu non annoi mai

comunque tu sia
tu non mi annoi mai
mai mai mai.

(Andrea Morelli, "Cantare l'uno vero - Poesie e canzoni", 1a ediz. 2010)

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