Noi crediamo ai miracoli

"Ciò fa sì che si verifichi un evento straordinario, che si potrebbe chiamare miracolo qualora noi non sapessimo che il miracolo non esiste, ma che viene chiamato tale  ciò che non si spiega al livello di una logica, ma che diventa naturale al livello di una logica superiore.

E il miracolo consiste nel fatto che, pur percependoci nella dolorosità dell'esperienza del mondo materiale, compresa la nostra forma corporea, noi non ci sentiamo più da essa coinvolti, ed entriamo in una dimensione dell'essere totale , che noi stessi siamo ma che è anche oltre noi.

E al tempo stesso, come i due eterni amanti che vivono insieme la stessa esperienza, possiamo dirci:

'Toh! Guarda un po'! guarda come è assurda la materia che non ha altra finalità che la ripetizione di se stessa!'

[...]

Eppure tutto tutto ciò che percepiamo come fosse una realtà che ci costringe a essere ciò che non siamo, e ci mantiene come fossimo fuori di noi stessi, procurandoci il più grande dolore che la vita patisce, è invece noi stessi, perchè se noi siamo il punto d'arrivo del pensiero primo, che è il principio di tutto ciò che è, noi siamo la consapevolezza di tutto ciò che è.

[...]

...la vita vera sa di sè ormai soltanto in noi come l'amore che è tutto ciò che è, come di fatto quotidianamente viviamo  e viviamo già l'unica e sola realtà di tutto ciò che è, che infine sarà solo se stessa."

(Silvia Montefoschi, 2002, pag.27-28)


Commentario

  • Verso una logica superiore - I concetti di logica e logica superiore: è questa l'evoluzione perchè se come dice Giovanni evangelista "in principio era il logos" cioè la logica, il legame, il rapporto, beninteso la logica relazionale tra l'uno  e l'altro dell'unico discorso (logos) allora la realtà in evoluzione altro non è che un trapasso da una logica relazionale a una logica relazionale superiore ovvero dall'interdipendenza tra l'uno e l'altro (sado-masochismo più o meno blando o più o meno feroce, quello che Hegel chiamava relazione servo-padrone) alla nuova logica intersoggettiva. Questo trapasso ai nostri occhi, cioè vedendo le cose dal basso o da una logica  orizzontale ci appare un miracolo ma è solo un effetto della rivoluzione logica che è l'unica e vera rivoluzione anzi l'ultima rivoluzione, una vera e propria rivoluzione macro-evolutiva e non come certe rivoluzioncine che cambiano tutto per non cambiare niente in definitiva ma lasciando le cose nell'essenziale più o meno come erano. 
  • Dio-Bestia - Le implicazioni di questo discorso possono però anche essere blasfeme poichè di solito ci si divide tra l'ipotesi che Dio esista veramente o che sia solo una favola non vedendo altra possibilità di concepire Dio mentre la verità è che che Dio esiste veramente ma è una bestia. Tuttavia questo Dio-bestia infine si è evoluto ( non ci si deve scandalizzare dal fatto che anche Dio come tutto si evolva dato che tutto è un prodotto della storia del lavoro umano e non-umano) per divenire infine il Dio-Duale cioè il Dio-Intero perchè è chiaro che Dio finchè è singolare non può che essere una bestia o un Dio-Padrone sarebbe meglio dire, che per riprodursi come Dio ha necessariamente bisogno di servi, schiavi ovvero di oggetti che rafforzino e stabilizzino il suo narcisismo. Ma questo non ci deve scandalizzare poichè "nessuno nasce imparato" e questo vale anche per Dio che da bestia infine si costituisce come il vero intero che per essere non ha bisogno di oggettivare l'altro poichè l'altro è Dio anch'esso, il simile, l'identico, il doppio, il gemello.
  • Il processo di spersonalizzazione - Un 'altro concetto importante che possiamo leggere in questo testo è quello di "processo di spersonalizzazione" ovvero che bisogna smettere di riporre la nostra vera identità nella nostra forma corporeo-materiale come invece il buon senso ci porterebbe a credere ma il buon senso ha solo un valore pragmatico e non un valore di verità. Lo ripetiamo: il pragmatismo è la filosofia dei ciechi, e con il pragmatismo anche lo strumentalismo è un modo di pensare basso molto basso per usare la ripartizione nietzschiana che al posto di parlare di verità ed errore preferiva parlare piuttosto di un pensare basso e plebeo e un pensare alto e aristocratico. Diceva il buon George Bekeley "Esse est percipi" ovvero "essere è percepire", noi dunque non siamo la nostra forma corporea ma la nostra percezione ma non nel senso che noi siamo il percipente e l'altro è il percepito dato che percipente e percepito sono una unità inseparabile per i quali il matrimonio è indissolubile per cui noi siamo sia il soggetto della percezione così come siamo anche ciò che percepiamo, l'oggetto della nostra percezione come ha chiarito ulteriormente la psicoanalisi con il concetto di "transfert" o "proiezione". Diceva il buon Georgy Luckacs  in "Storia  e coscienza di classe" del 1921: "Si percepisce sempre a partire da una teoria, da un a-priori" e quindi ciò che percepiamo è conseguente alla nostra aspettativa e questo vale anche per gli scienziati e per l'elaborazione delle teorie cosiddette scientifiche e quindi per i cosiddetti esperimenti scientifici e i vari protocolli scientifici tenuto conto come ci ha insegnato il fisico quantistico Werner Heisemberg che lo sperimentatore condiziona l'esperimento stesso e quindi anche il soggetto andrebbe incluso nell'esperimento come parte attiva perchè non è affatto neutrale come pretende di essere, concetto questo che lo si ritrova anche nel pensiero femminista che va sotto il nome di "filosofia della differenza sessuale" impegnato a demistificare il concetto di neutralità del concetto di "Uno" presente in tutta la filosofia occidentale che loro ritengono a ragione "maschilista" e niente affatto neutro come invece pretenderebbe di essere. Ma una tale concezione è presente anche nel pensiero di Martin Buber che nega perfino il concetto stesso di "soggettività": non esiste alcuna soggettività nella realtà vera, sostiene Martin Buber ma il concetto di soggettività è solo una astrazione poichè nella realtà vera si dà sempre e solo "intersoggettvità". Concetto questo ribadito anche dagli psicoanalisti intersoggettivisti statunitensi con la famosa formula del "mito della mente isolata" che afferma l'impossibilità assoluta della solitudine poichè la mente è sempre relazionata, di più, la mente è essa stessa relazione. Purtroppo questa verità non è stata fatta propria dagli stessi psicoanalisti e soprattutto dagli psichiatri e anche da coloro che invece la riconoscono una tale verità ma solo in teoria mentre nella pratica spingono il paziente o l'analizzato a confessare qualcosa che è solo nelle loro aspettattive teoriche pre-giudiziali e il paziente proprio come le streghe del medioevo infine confessa per compiacere le aspettative teoriche del padre-padrone ovvero dello psichiatra che si costituisce agli occhi del paziente o analizzato come il padrone del pensiero o padrone del significato ripetendo pertanto anche in quell'ambito cosiddetto "terapeutico" invece quello stesso modo di relazionarsi che fa la normalità per cui più che di terapia si dovrebbe più correttamente parlare di "normalizzazione" dei devianti. Percipente e percepito sono una unità indissolubile, il soggetto infatti non è singolare ma è duale  ovvero noi percepiamo sempre noi stessi o se vogliamo possiamo dire che in ciò che percepiamo, noi ritroviamo sempre noi stessi ma questo significa solo che l'altro è di nuovo noi stessi ma questo accade non per un autismo universale insuperabile o un solipsismo universale del soggetto ma perchè noi siamo due, irreversibilmente due ma anche che questi due pur essendo irreversibilmente due sono anche irreversibilmente uno. La stessa distinzione intrapsichico e interpersonale non ha alcun senso poichè la nostra relazione con noi stessi coincide sempre con la nostra relazione con l'altro da noi  e la relazione con l'altro da noi coincide con la relazione con la relazione di noi con noi stessi. Ed è questo il vero intero ben diverso dall'intero dell'individuo singolare che produce l'intero nel momento stesso che produce l'oggetto, il servo, lo schiavo. Il vero individuo è solo l'individuo duale  e non l'individuo singolare. L'individuo singolare è solo il padrone che per poter essere necessita inevitabilmente e non per cattiva volontà di un servo oppure lo schiavo che anch'esso per essere necessita e anche qui non per masochismo di un padrone che lo faccia esistere. 
  • L'anima è una persona reale in carne ed ossa  e non una mera funzione psichica - Quanto precedente detto a  proposito della percezione spiega anche la diversità radicale tra il concetto di "anima" nel pensiero psicoanalitico di  Carl Gustav Jung e in Silvia Montefoschi perchè mentre in Jung l'anima è solo una funzione psichica per Silvia Montefoschi l'anima è proprio una vera persona reale in carne ed ossa. O meglio per Silvia Montefoschi occorrerebbe distinguere tra "pseudo-anima" intesa come proiezione o transfert  ma che pur essendo un transfert  è un transfert  sì ma sempre dell'anima vera è un transfert che si distingue dall' "anima vera" propriamente detta a seconda se la vediamo fuori di noi come esterna a noi o siamo consapevoli che comunque siamo sempre noi ovvero il nostro essere irreversibilmente un individuo duale anche se questa dualità irreversibile ci è ancora inconscia non essendo ancora sufficientemente evoluti ma fortunatamente proprio grazie alla furbesca dinamica del transfert operata da quella volpe che è la natura si induce a fare figli ( ovvero nuovi operai per la vigna del Signore) in modo che una volta noi deceduti la nostra progenie comunque possa ereditare  a loro volta la nostra problematica transferale ancora irrisolta e così farsene carico di padre in figlio o di madre in figlia fino a portarla di generazione in generazione al suo compimento e alla sua soluzione ("la soluzione del transfert" la chiamano gli psicoanalisti) che è il divenire conscio dell'inconscio che pone fine una volta per tutte alla dinamica transferale vera causa del conflitto secolare tra i sessi ponendo così fine anche a questo conflitto una volta per tutte e definitivamente. Infatti a differenza di noi che siamo mortali, la natura in perenne evoluzione non ha fretta alcuna e può aspettare pazientemente anche generazioni di generazioni di turni di lavoro psicoanalitico e del resto già sono passati due milioni di anni dai primi nostri progenitori africani Adamo ed Eva e la psicoanalisi continua imperterrita ma finalmente con GiovanniSilvia anche la psicoanalisi e quindi la storia (che è la storia della relazione) è terminata anche se loro costituiscono solo un primo prototipo della nuova e vera umanità, i fondatori del REGNO (specificamente) UMANO.  Cosa resta dopo la storia della relazione? Resta la relazione ovvero un nuovo tipo di divenire, un nuovo divenire ma che questa volta non farà più storia essendo questa nuova tipologia di divenire, l'infinitamente presente.

  • La vita vera - In questo testo inoltre appare il concetto di "vita vera" che è fondamentale, un concetto fondamentale del nuovo e ultimo movimento rivoluzionario. E la vita vera altro non è che il miracolo della nuova logica intersoggettiva tra l'uno e l'altro dell'unico discorso.


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