La pensatrice, al cui pensiero è dedicato questo sito web, per indicare questo "intero" di cui abbiamo trattato, questa "unità" e questo "divenire unità" utilizza il concetto di "Pensiero Uno" che costituisce il concetto chiave della nuova logica unitaria, logica scaturita proprio al termine della storia della psicoanalisi come consapevolezza che l'uno e l'altro del discorso psicoanalitico e più in generale dell'essere come dialogo tra i due termini del principio dialogico sono una unità processuale quale logos che era in principio dove "principio" va inteso non soltanto in un senso cronologico ma soprattutto nel senso che è anche "sostanza" dell'Essere e che quindi oltre ad avere fatto tutto ciò che è, è anche ciò che è.
Dopo la laurea in Biologia, ottenuta nell'immediato dopoguerra dall'università di Roma Montefoschi si trasferisce a Napoli, dove inizia una breve esperienza di ricerca in ambito biologico presso la Stazione Zoologica della città partenopea.
Fu proprio nel corso di questa sua prima attività scientifica anche se nel solo ambito della biologia che si rese ben presto conto della ingenuità epistemologica della modalità di pensiero propria al cosiddetto "metodo scientifico" e nel venire meglio a conoscenza sempre nello stesso periodo di un altro metodo, il "metodo psicoanalitico" che lo riconobbe come quello più corrispondente all'idea che lei si sera fatta del vero "metodo scientifico", maturò quella svolta nella sua vita professionale che infine, a distanza di anni, la portò a concepire l'idea di "Pensiero Uno".
Fu tuttavia dopo nemmeno una quindicina di anni dopo il suo esordio che si verificarono le prime conflittualità teoriche di una certa importanza proprio sul nucleo centrale della teoria psicoanalitica ovvero la teoria energetica che ne costituiva il pilastro portante di questo nuovo pensiero.
Sigmund Freud scopritore della legge del tabù universale dell’incesto simbolico come teoria della conoscenza e i suoi ulteriori sviluppi con Carl Gustav Jung
Alle radici del dissidio Freud-Jung: l’interpretazione del desiderio incestuoso e dell’apparentemente risolutiva per Freud vicenda edipica
Nel 1912 apparve il saggio di Jung “La libido: simboli e trasformazioni”.
Questo suo scritto si presentò immediatamente come il libro della discordia, come del resto già Jung aveva previsto tant'è che era restio a pubblicarlo e infatti non lo avrebbe dato alle stampe se sua moglie Emma Jung, psicoanalista anch'essa, non lo avesse rassicurato che non avrebbe prodotto una vera separazione con Freud che era ciò che Jung temeva principalmente e non tanto le critiche al suo lavoro in sè.
E invece Emma Jung in questo caso lo consigliò male ed ottenne proprio quell'effetto che Jung temeva dopo una prima scissione d minore importanza tra Freud e Alfred Adller, adesso una nuova scissione di maggiore importanza per il movimento psicoanalitico da poco nato anche come movimento di pensiero di portata internazionale: la scissione freudiani e junghiani.
In questa sua opera capitale Jung infatti presentava una nuova concezione della libido e delle sue trasformazioni che si riassume in quella che sarebbe diventata la nuova impostazione teorica e clinica eretica di Jung: la concezione dell’incesto simbolico come risposta alla problematica del desiderio incestuoso e del relativo tabù che innescava le varie versioni risolutive nevrotiche, psicotiche o anche quelle costituenti la cosiddetta "normalità" tutte facenti capo alla dinamica edipica. Risoluzione questa prospettata da Jung ben diversa da quella prospettata da Freud ovvero l'accettazione e l'osservanza di un tale tabù come principio di realtà pena il cadere nella ribellione nevrotica se non addirittura nella confusione psicotica.
Per Jung, infatti, il limite di Freud relativamente alla tematica fondamentale dell’incesto è quello di attenersi ad una interpretazione meramente letterale del desiderio incestuoso, palesando così la sua incapacità di cogliere al di là di una interpretazione concretistica il significato spirituale dell’incesto in quanto simbolo.
Un ponte tra psicoanalisi e scienza fisica: il concetto in Jung della libido come energia
Nella nuova concezione della libido in Jung, questa, intesa semplicemente come energia psichica, avrebbe dovuto fare da ponte tra la psicoanalisi e le nuove scienze della fisica.
«Concepivo la libido come il corrispondente psichico dell’energia fisica, e quindi, più o meno, come un concetto quantitativo, che perciò non avrebbe dovuto essere definito in termini qualitativi… non intendevo più parlare di istinti di fame, aggressivi, sessuali, ma considerare tutti questi fenomeni come manifestazioni diverse dell’energia psichica.»
(Carl Gustav Jung, “La libido: simboli e trasformazioni” 1912)
«Anche in Fisica parliamo di energia e delle sue varie manifestazioni, come luce, calore, elettricità, etc. Lo stesso vale anche per la psicologia… Se concepiamo la libido come energia, possiamo averne una visione abbastanza unitaria… M’interessava stabilire anche per la psicologia un’uniformità simile a quella che nelle scienze naturali esiste come generale energetica.»
(Carl Gustav Jung, “La libido: simboli e trasformazioni” 1912)
Come si sa, in seguito Jung elaborò un altro concetto che potremmo definire un ponte tra la psicoanalisi e le nuove concezioni della fisica che andavano maturandosi nei primi del Novecento: il concetto di
sincronicità, anch’esso ulteriore rottura con il principio di causa-effetto tipico del metodo scientifico oggettivante utilizzato nel modo di elaborazione della psicoanalisi freudiana.
Pregiudizi sul significato della sessualità nella teoria psicoanalitica di Jung
In seguito si diffuse una vulgata semplificata della concezione junghiana della libido, tanto che Jung ebbe a lamentarsene:
«È un errore assai diffuso ritenere che io non veda il valore della sessualità. Al contrario, essa ha gran parte nella mia psicologia, come un’espressione essenziale – sebbene non la sola – dell’intera psiche. Ma il mio obiettivo principale è stato di investigarne – al di là del suo significato personale e della sua funzione biologica – l’aspetto spirituale e il significato numinoso, e così di chiarire ciò che affascinava tanto Freud, senza che egli sapesse coglierne il valore. I miei pensieri su questo argomento sono contenuti nei miei lavori “La psicologia del Transfert” e “Misterium Coniunctionis”. La sessualità è della massima importanza come espressione dello spirito ctonio, poiché questo è l'”altra faccia di Dio”, il lato oscuro dell’immagine divina.»
(Carl Gustav Jung, “Ricordi, sogni, riflessioni”, 1961)
Ulteriori precisazioni di Freud sul carattere sessuale della libido detto anche “dogma della chiesa freudiana”
Freud sarebbe tornato sulla questione in
“Introduzione alla psicoanalisi”, in cui polemizzava apertamente con Jung:
«È evidente […] che c’è poco da guadagnare accentuando, secondo il modo di procedere di Jung, l’unità originaria di tutte le pulsioni e chiamando “libido” l’energia che in tutte si manifesta. Dal momento che non c’è artificio che riesca a eliminare la funzione sessuale dalla vita psichica, ci vediamo costretti a parlare di libido sessuale e di libido asessuale. Il nome libido va pertanto impiegato per designare esclusivamente le forze pulsionali della vita sessuale, come finora abbiamo fatto.»
(Sigmund Freud, "Introduzione alla psicoanalisi")
L’impressione, comunque, anche alla luce degli sviluppi futuri dei due orientamenti psicoanalitici principali, è che dietro questa diatriba sulla natura della libido ci fosse un disaccordo più profondo, cioè due modi diversi di intendere il desiderio incestuoso e il relativo tabù della vicenda edipica.
In parte proprio grazie a Lacan in particolare che paradossalmente proponeva un “ritorno a Freud” le distanze tra i due modi di intendere la vicenda universale incestuosa edipica tra freudiani e junghiani si sono abbreviate dato che anche i freudiani lacaniani la intendono come iniziazione al processo di socializzazione e di soggettivazione. Resta comunque divergente la soluzione: reazionaria e autoritaria quella lacaniana di edipizzazione forzata e più rivoluzionaria quella junghiana che supera ugualmente la fantasia incestuosa del ritorno all’Eden pre-linguistico non grazie al “NO(me) del padre” ossia di un sociale edipicamente normalizzato (la civiltà ma anche l’interdipendenza) ma proprio grazie al “si del padre” che poi è un “nuovo nome del padre”, ossia di un nuovo sociale post-edipico pertanto non più interdipendente e quindi non più necessariamente autoritario e gerarchizzato nei ruoli delle relazioni parentali che forgiano i copioni delle recite dell’edipo sempre uguali a se stesse in tutte le varianti possibili.
Il pessimismo di Freud subalterno all’epistemologia positivista, che è un pessimismo sulle risorse umane malgrado la sua invocazione salvifica di un Dio-Logos, beninteso come altro dal pensiero religioso, ritorna dopo le rielaborazioni più sofisticate lacaniane, anche in questa nuova versione della psicoanalisi originaria. Ma anche Jung che pure riteneva di superare il desiderio incestuoso proprio affermandolo e non negandolo, ha avuto i suoi limiti.
I limiti della visione junghiana
Tuttavia proprio lo stesso Jung al tramonto della sua vita terrena nella sua autobiografia scrisse che se la sua risposta al problema non fosse stato soddisfacente sarebbe rinato qualcuno con il suo stesso karma e aggiunse “forse io stesso” che avrebbe ripreso il problema e avrebbe elaborato una nuova soluzione più soddisfacente.
Jung del resto aveva allertato i suoi lettori, pazienti e allievi che era pericolosissimo identificarsi al Sè in quanto il rischio era proprio di inflazionare l’io e di avviarsi con una tale identificazione verso una psicosi. Ma è invece un tale consiglio che la psicoanalista Silvia Montefoschi non ha ascoltato ma questo non gli ha procurato una psicosi.
Come mai? Ritengo che una volta che si superi veramente l’antroporiferimento che poi è la vera radice di ogni egoriferimento, varcata tale soglia non si ha più nulla da temere per ciò che riguarda la propria salute mentale ma l’antroporiferimento beninteso va superato veramente e non semplicemente credere di averlo superato.
Ecco spiegato perchè Silvia Montefoschi ha potuto non soltanto subordinare l’Io al Sè ma identificarsi totalmente con il Sè senza perdere la ragione come invece temeva ancora Jung che pur riteneva che occorresse subordinare l’Io ad una identità più universale pena alienarsi dal significato.
Da Sigmund Freud a Silvia Montefoschi
L'incontro di Silvia Montefoschi con il nuovo e rivoluzionario metodo di pensiero psicoanalitico
SOMMARIO:
Sulla linea di Freud e Jung e in continuità con l'intera storia del movimento teorico-pratico psicoanalitico che in questi ultimi cento anni step by step hanno messo in piedi una enorme macchina da guerra di critica del modello relazionale interdipendente, (per capirci meglio: l'intero spettro del sadomasochismo che va da blando o ludico a feroce e tragico quale relazione schiavo-padrone in tutte le sue versioni e sfaccettature) Silvia Montefoschi nell'inserirsi in questa storia della psicoanalisi spinge una tale critica fino ai suoi confini estremi dando infine nascita al nuovo soggetto super-riflessivo (SSR) non più individuale e così facendo opera pertanto alla nascita della nuova e vera umanità, i fondatori del regno specificamente umano dopo i tre regni materiali, minerale, vegetale e animale.
«Il senso dell’incontro tra Bernhard e me […] mi fu chiaro alla fine del nostro comune percorso come quello della staffetta dove il penultimo corridore consegna il testimone a chi deve portarlo alla meta»
(Silvia Montefoschi, "Il vivente - Testimonianza di Silvia Montefoschi", 1988)
Rientrata a Roma, nel 1952 inizia quindi l'analisi personale presso
Ernst Bernhard, psicologo analista.
Bernhard medico di Berlino specialista in pediatria era approdato alla psicoanalisi freudiana e solo in seguito divenne fervente allievo di
Carl Gustav Jung. Di origini ebraiche per sfuggire alle persecuzioni naziste del suo paese approdò in Italia a Roma dove trovò ospitalità anzichè ostilità presso la comunità di psicoanalisti freudiani tra cui Edoardo Weiss trasferitosi lì da Trieste ch'era stata la capitale della psicoanalisi di orientamento freudiano. Benchè ormai fin dai tempi dallo strappo di Freud da Jung che vietò a Jung di utilizzare il termine di "psicoanalisi " per il suo orientamento psicoanalitico, era invalso l'uso di chiamare la psicoanalisi junghiana "psicologia analitica", Bernhard preferì sempre adottare il termine di "psicologia individuativa" che rivela l'accento interpretativo proprio a Bernhard del pensiero del pioniere di Zurigo.
Chi è quest'uomo?
E' Ernst Bernhard, ebreo tedesco di Berlino, medico specializzato in pediatria divenuto in seguito psicoanalista prima come allievo di Freud e poi di Jung.
Ebreo, cristiano, buddista e induista, Jung lo snobbava perchè lo riteneva troppo fantasioso e non rigoroso nel pensiero come invece era lo svizzero.
Bernhard non chiamava l'orientamento junghiano della psicoanalisi con il termine dai più e dallo stesso Jung adottato di "psicologia analitica" ma la chiamava "psicologia del processo di individuazione" volendo mettere l'accento proprio sul fatto individuativo e già questo la dice lunga sulla sua visione della vita e della storia.
Chi è quest'uomo?
E' anche lo psicoanalista didatta di Silvia Montefoschi, l'iniziatore di Silvia alla scienza psicoanalitica, colui che offrì "la mela del vero peccato" a Silvia e se noi siamo qui a professare l'intersoggettività radicale lo dobbiamo in gran misura anche a lui perchè se non fosse stato per Bernhard ritornato in sogno dall'Aldilà come extraterrestre a incitarla ad abbandonare tutto per raggiungere la vetta della montagna psicoanalitica a metà degli anni ottanta con quel suo famoso "Auf Wiederseen" ripetuto più volte fino a che Silvia comprese a cosa intendesse alludere con quel saluto in tedesco, noi non saremmo qui ma saremmo ancora immersi fino al collo nella merda interdipendente di questo universo ancora animale. Onore dunque anche per questo a Ernst Bernhard a cui la morte non ha impedito di continuare a esercitare ancora una volta la sua funzione di analista didatta di Silvia Montefoschi .
La psicoanalisi coincide hegelianamente con la stessa storia della psicoanalisi
Benchè sia divenuta leggenda la mitica contrapposizione Freud-Jung e poi freudiani-junghiani invece sia Bernhard che Montefoschi lavorarono in seguito non a creare ulteriori divisioni all'interno del panorama teorico della psicoanalisi ma semmai ad una sintesi e ricomposizione delle tante visioni in un'unica psicoanalisi. Questo Montefoschi fece fino all'ultimo dove anche negli ultimissimi scritti considera la storia degli orientamenti psicoanalitici un po' come ha fatto Hegel nel trattare le tante filosofie di cui è costellata l'unica storia della filosofia e così come per Hegel la filosofia coincide con la storia della filosofia così per Montefoschi la psicoanalisi coincide con la storia della psicoanalisi.
Una seconda laurea anche in medicina ma solo per poter esercitare la professione di psicoanalista
Da Roma a Napoli per un ulteriore approfondimento degli studi in biologia e poi di nuovo a Roma per l'incontro con l'"angelo" Bernhard (indicando l'etimologia di "angelo" infatti il significato di messaggero, postino) per il passaggio del testimone come in una staffetta da Freud a Jung e poi a lei per il tramite di Bernhard.
Benchè già laureata Montefoschi decide quindi di prendere anche una seconda laurea in Medicina per poter esercitare il mestiere di psicoanalista che ormai aveva compreso sarebbe stato quello il suo destino professionale, professione di psicoanalista che allora richiedeva l'essere iscritti all'albo professionale dei medici.
Terminata la sua analisi didattica personale con Bernhard iniziò già a Roma anche ad avere i suoi primi pazienti da psicoanalista.
Da Roma a Milano (1956 - 2004)
Tuttavia ben presto Silvia Montefoschi si accinge a ripartire per un nuovo percorso e infatti di lì a poco con il suo compagno Franco Minozzi anch'egli psicoanalista e allievo di Bernhard nel 1956 si trasferisce a Milano ed è proprio in questa nuova città che diverrà la sua città di adozione avendo lì vissuto dal 1956 fino al 2004 che inizia la sua vera e propria attività di psicoanalista.
Prime pubblicazioni
In questo primo periodo milanese Silvia Montefoschi collabora anche con il
"Centro Studi di Psicologia Clinica" di Milano ed è proprio in questo periodo che risalgono i suoi primi contributi teorici che vennero pubblicati su riviste specializzate nel campo della psicologia e psicoterapia ma anche in riviste più attivamente e direttamente impegnate anche nel campo del sociale. Citiamo tra queste:
- Psicoterapia e scienze umane
- Minerva Medico-Psicologica
- Archivio di psicologia neurologia e psichiatria
- Rivista di psicologia sociale
- Problemi del socialismo
- Mondo Operaio
- Quaderni Piacentini
- Nuova Donna
- Woman
- Femme
- e altre riviste ancora.
Analista didatta e membro fondatore dell'AIPA
In parallelo all'attività psicoterapeutica si occupa, soprattutto attraverso la costituzione di successivi gruppi di lavoro, della supervisione e della formazione di nuovi allievi, riconosciuta dallo stesso Bernhard nella funzione di analista didatta per il nord Italia.
Silvia Montefoschi allora già membro riconosciuta della
"Società Internazionale di Psicologia Analitica", assieme a Bernhard diviene membro fondatore dell'"
Associazione Italiana di Psicologia Analitica".
Da Jung una antropologia al di là del principio di autorità
Dopo gli eventi del 1968 in Europa e nel mondo tuttavia intorno al 1970 prende la decisione di uscire da entrambe le associazioni per il rifiuto per quella che riteneva l'inevitabile identificazione dogmatica del pensiero nell'appartenenza ad una "scuola".
La svolta degli anni settanta: da una psicoanalisi già relazionale a una psicoanalisi intersoggettiva
[Il nuovo modello relazionale intersoggettivo a differenza del vecchio modello relazionale interdipendente che si fondava sul reciproco appagamento dei bisogni] «su null’altro si fonda se non sulla reciproca esistenza».
(Silvia Montefoschi, "L'uno e l'altro - Interdipendenza e intersoggettività nel rapporto psicoanalitico", 1977)
Nel 1973 inizia la scrittura di
"Uno e l'altro - interdipendenza e intersoggettività nel rapporto psicoanalitico" che verrà pubblicato nel 1977 e pur essendo in continuità con tutta la sua esistenza come ella stessa ha esplicitato nei suoi scritti autobiografici degli ultimi anni di vita, è con questo scritto che noi conosciamo la nuova Silvia Montefoschi nei quali il concetto di "intersoggettività" diviene il concetto chiave o la chiave di volta di tutto il suo pensiero nato da Jung ma già oltre Jung.
Con questa opera prima, la dialettica relazionale interdipendente, già a suo tempo letta da Hegel come dialettica schiavo-padrone (sado-masochismo) è riletta da Silvia Montefoschi in chiave psicoanalitica, che non si limita a restare teoria ma che è a sua volta fondante una nuova prassi rivoluzionaria che coincide proprio con il processo psicoanalitico redentivo dall'interdipendenza universale.
In questo modo la psicoanalisi esce definitivamente dalla sua preistoria di formazione teorico-pratica e quale psicoanalisi intersoggettiva più consapevole della sua missione storica si avvia nei dieci anni seguenti a radicalizzarsi sempre più in questa prospettiva di produzione dell'unico individuo.
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La dialettica schiavo-padrone in Hegel in questa opera del 1807 |
La diffusione della sua psicoanalisi intersoggettiva (1977 - 1987)
Nei primi anni '80 si forma un folto gruppo di allievi genovesi provenienti da esperienze nel campo della salute mentale così dopo essere giunta più volte nella città di Genova per una serie di conferenze sulle tematiche della nuova psicoanalisi relazionale e intersoggettiva da lei teorizzate nei testi che si sono succeduti a partire dal 1977 con la pubblicazione del testo di epistemologia psicoanalitica
"L'uno e l'altro - interdipendenza e intersoggettività nel rapporto psicoanalitico" si trasferisce infine a Genova nel 1985 dove insieme ad un gruppo di allievi liguri fonderà il
"Laboratorio Ricerche Evolutive Silvia Montefoschi".
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Nella foto: Silvia Montefoschi nel corso di un seminario di "psicoanalisi oltre la psicoanalisi" |
Qui a Genova comincerà una nuova tappa del percorso psicoanalitico che cominciato come psicoanalisi intersoggettiva si radicalizzerà sempre più nei termini di una psicoanalisi intersoggettiva radicale fino a far affermare da Silvia Montefoschi rispetto alle teorie junghiane sugli archetipi che Jung non si era accorto che l'unico e vero archetipo vivente era invece proprio l'archetipo della coniunctio in quanto gli altri archetipi parlavano più solo di cose già facenti parte di vecchi scenari storici ormai appartenenti più solo al passato della specie umana ma non più veramente attuali.
L'esperienza iniziata a Genova nel 1986 si concluderà nel 1989 quando la psicoanalista farà il suo ritorno definitivo a Milano.
Da Silvia Montefoschi a GiovanniSilvia (Genova, 12 giugno 1987)
In quei quattro anni vissuti in questa sorta di comune psicoanalitica che fu il "Laboratorio" avvenne un grande evento il 12 giugno del 1987: l'incontro tra la terrestre Silvia Montefoschi e l'ormai extraterrestre, vivente ormai nell'Aldilà, Giovanni Evangelista, l'amore della sua infanzia e adolescenza.
Fu proprio questa "ultima coniunctio" che determinò una radicalizzazione ulteriore della sua psicoanalisi relazionale intersoggettiva tantè che oggi noi parliamo di "psicoanalisi intersoggettiva radicale" per designarla anche se Silvia Montefoschi utilizzava il concetto che faceva anche da criterio epistemologico per designarla: "Pensiero Uno".
Dopo quell'esperienza di "Laboratorio" a Genova, con il suo ritorno nel 1989 nella sua città di adozione Milano, non parteciperà più a nessun gruppo e non pubblicherà più alcun altro scritto fino al 1996 quando improvvisamente apparve il primo scritto di una lunga serie di nuove pubblicazioni dopo sette anni di silenzio assoluto avente come titolo
"La glorificazione del Vivente nell'intersoggettività tra l'uno e l'altro".
Infine anche per motivi di salute nel 2004 Montefoschi si trasferisce a Sarzana.
Muore a Zurigo il 16 marzo del 2011.
Il metodo psicoanalitico è il metodo dell'intersoggettività
Lo studio della Montefoschi si è concentrato in particolare sulla psicoanalisi come metodo conoscitivo che abbraccia progressivamente tutti gli aspetti del reale. Inizialmente il suo pensiero si caratterizza per l'interpretazione in chiave dialettica del pensiero junghiano. Successivamente, con
"L'uno e l'altro" (1977) esplicita la relazione analitica tra analista e analizzando in senso relazionale, descrivendola come il passaggio dal rapporto di interdipendenza al rapporto di intersoggettività.
L'intersoggettività tra analista e analizzando si realizza quando ciascuno riconosce l'altro come soggetto della relazione e non più come oggetto di soddisfacimento dei propri bisogni. In quest'ottica rilegge radicalmente tutto il metodo psicoanalitico.
Il tabù dell'incesto legge dell'evoluzione universale
La dinamica del tabù dell'incesto nella sua doppia formulazione come violabile e inviolabile ad un tempo, viene letta come dinamica conoscitiva e considerata come teoria della conoscenza e dell'evoluzione. In questo fedele al dato di fatto che la dinamica del tabù dell'incesto è sempre stata quella teoria della conoscenza che la psicoanalisi, sin dal suo primo nascere con Freud, porta con sé.
Il suo pensiero si sintetizza nel 1985 con la pubblicazione de
"Il sistema uomo - Catastrofe e rinnovamento" ed è proprio con questa opera che il passaggio dall'interdipendenza all'intersoggettività viene esteso oltre il rapporto psicoanalitico e applicato a tutta la conoscenza del reale. Inizia così un nuovo percorso che condurrà la riflessione ad abbracciare ogni ambito del reale non solo più strettamente psicoanalitico né solo sociale o antropologico ma anche biologico, chimico e fisico.
L'uomo, riflettendo su di sé, si accorge di essere Soggetto riflessivo e non si identifica più unicamente con l'Io e con la corporeità. Il Soggetto riflessivo coglie la propria coincidenza con l'Essere tutto del reale, anzi, è l'Essere stesso che conosce progressivamente se stesso attraverso il pensiero umano, culmine di tutta la storia della conoscenza della realtà.
Con gli ultimi libri di questo percorso il discorso tratta più specificatamente anche di argomenti che vanno tradizionalmente sotto il nome di astrofisica ma qui trattati sempre in chiave psicoanalitica tramite quel criterio di "pensiero uno" che poi è il vero
fil rouge di tutta la ricerca dal primo all'ultimo dei libri pubblicati dal 1977 fino al 2009.
Nel 1987, con
"Il principio cosmico o del tabù dell'incesto", che reca come sottotitolo
"Storia della preistoria del Verbo", Montefoschi aprirà l'ultima fase del suo pensiero. Il libro interpreta tutta la storia dell'universo come la progressiva evoluzione del Pensiero, che conosce se stesso attraverso le forme viventi che incarnano livelli di riflessione via via sempre più elevati ed ampi.
Negli ultimi anni questo processo evolutivo è descritto più compiutamente: l'Essere (il Pensiero Uno), quale ideante, si dice nell'idea come effetto del suo ideare. Così l'universo passa dalla potenza all'atto sin dal primo momento del conoscersi (l'evento Big Bang). In questa conoscenza, che necessariamente differenzia l'ideante (il soggetto) dall'idea (l'oggetto), l'Essere quale Pensiero Uno si frammenta via via nella materia.
Come il termine uni-verso fa intendere, finalità ultima della conoscenza dell'Essere è quella di recuperare a sé in modo dialettico il Pensiero Uno, andando oltre la frammentarietà del reale. Per questo Montefoschi teorizza un ultimo salto riflessivo oltre il "sistema uomo", dove l'Essere si conoscerà originariamente come essere duale, intersoggettivo.
La storia della psicoanalisi ultimo brano della storia dell'universo
La psicoanalisi, proprio come metodo di continua riflessione su di sé e sulla realtà, secondo la Montefoschi segnerebbe l'avvento di quest'ultimo salto evolutivo della conoscenza.
Simbolicamente questo salto coincide con il recupero a sé del femminile da parte del Pensiero Uno che, sinora nella storia, si è vissuto solo come soggetto maschile. Infatti, all'uomo sempre è stato dato il ruolo di portatore del pensiero e dello spirito, mentre la donna si è sempre identificata nell'essere che doveva portare avanti l'oggettualità materiale della vita.
Tuttavia sarebbe un errore e comunque riduttivo interpretarlo come una presa di posizione in difesa della donna, che è tipica del femminismo classico. Il pensiero qui si muove piuttosto in difesa dell'emancipazione del pensiero stesso, in quanto il femminile è prima di tutto una funzione del pensiero la cui emancipazione è necessaria principalmente per poter finalmente esercitare per la prima volta la vera funzione del pensiero, che è quella di pensare l'amore così come di riflesso la vera funzione dell'amore è quella di amare il pensiero.
Il testo che traccia quest'ultima tappa del pensiero di Montefoschi è in particolare
"La storia di colui che è narrata in coloro che sono" (2005) ma il testo che descrive l'intero percorso dalla genesi fino all'evento apocalittico oltre a
"Storia della preistoria del Verbo" del 1987 di cui abbiamo già parlato precedentemente, è sicuramente
"Dall'uno all'uno oltre l'universo" pubblicato nel 1998: entrambi i testi sono una vera e propria megasintesi della storia dell'evoluzione.
La psicoanalisi andando oltre la cultura si muove anche oltre il "disagio della civiltà"
SOMMARIO: per comprendere quanto qui andiamo esponendo occorre fare proprio un concetto che può sembrare un ossimoro ma non lo è affatto e questo concetto è quello di "IMMEDIATEZZA RIFLESSIVA" che ovviamente non poteva nascere che solo al termine ella psicoanalisi universale.
Sigmund Freud con questi suoi due lavori su religione e civiltà se da un lato prende atto del disagio della civiltà e quindi non ne canta affatto le lodi, tuttavia dall'altro denuncia che la scappatoia delle religioni è solo una pia illusione anzi Freud definisce la religione come una "nevrosi". Da qui il cosiddetto "pessimismo freudiano" per cui non resta che fare di necessità virtù nell'accettazione del cosiddetto "principio di realtà". Va da sè quindi che in un altro suo testo dal titolo di "Analisi terminabile e analisi interminabile" Freud dica che la psicoanalisi si ferma lì dove comincia la biologia contro la quale nulla può. A seguire diamo conto perchè non siamo d'accordo con la prospettiva di Freud che a nostro parere razzolava bene ma predicava solo in parte bene.
Tutto questo enorme processo di trasformazione del reale che dobbiamo alla centenaria storia della psicoanalisi (1895 -1987) quale scienza della relazione e critica radicale del modello relazionale interdipendente si sintetizza in una rivoluzione logica in quanto proprio la prassi psicoanalitica prevede il passaggio trasformativo da una logica della separazione ad una nuova logica unitaria.
Inoltre il passaggio a questa nuova logica unitaria dissolve tutti i contenuti di pensiero già prodotti dalla storia della specie umana e non ne produce di nuovi essendo la logica unitaria pura presenza del soggetto duale alla sua unità duale quale nuova percezione, nuova in quanto il soggetto non si è mai autopercepito se non nell’oggetto conosciuto dal soggetto conoscente e pertanto come conseguenza naturale di un tale evento si dissolve la noosfera e quindi il regno della mediazione simbolica in quanto si ritornerà ad una nuova immediatezza, nuova in quanto spontaneità immediatamente riflessiva.
Questo significa la scomparsa della dicotomia inconscio/coscienza e scompaiono entrambi nella pura presenza in un infinito presente dimentico di ciò che è stato e ignaro di ciò che sarà e quindi viene meno perché divenuto inessenziale anche quel mondo culturale considerato giustamente sacro che fino ad oggi ha salvaguardato l’umanità dal cedere alla nostalgia dell’Eden in un ritorno, comunque impossibile ad attuarsi, al precedente regno animale.
Pertanto l’ultima rivoluzione non può essere che puramente logica ma è anche la rivoluzione più radicale che mente umana abbia saputo progettare e infatti non la mente umana ma la natura stessa ha messo la rivoluzione logica in cantiere e psicoanalisti come Freud, Jung e Silvia Montefoschi si sono semplicemente limitati a leggerla nei sogni che la gente portava a loro affinchè li traducessero in linguaggio riflessivo proprio come Cristoforo Colombo il grande ammiraglio che sfidando la morte con coraggio e spirito di avventura tuttavia non ha inventato l’America ma semplicemente l’ ha scoperta in quanto c’era già e la stessa cosa hanno fatto Freud-Jung e Montefoschi in quanto la critica radicale del soggetto riflessivo individuale era già presente in natura sia pur ancora inconsapevole di sè ma ancora presente solo sottoforma di sintomi, disagio, sogni, fantasie e sapere inconscio.
Questa rivoluzione logica è pertanto in natura e va da sè in automatico step by step in maniera irreversibile e irresistibile fino all’exitus finale: la fine del mondo.
La morte della psicoanalisi e la metamorfosi dell'attività pensante
"E mentre la psicoanalisi muore come scienza analitica dell'umana esistenza, per trapassare nella conoscenza dell''Essere Vero', che è il 'Pensiero consapevole di sè come Unico Esistente', il Pensiero Uno, sapendo ormai di sè come 'il Vivente', cessa per sempre di pensare se stesso, perchè, come ogni vivente, per sapersi tale, di certo non si pensa. ma si sente."
(Silvia Montefoschi, "L'ultimo tratto di percorso del Pensiero Uno", 2006)
" E il pensiero infine cessa di pensarsi per più solo sentirsi"
(Silvia Montefoschi)
Che significa tutto ciò?
Significa che al termine della storia dell'universo
al capolinea della storia del lavoro
della storia del lavoro umano e non-umano
storia del lavoro che noi chiamiamo anche evoluzione
infine il pensiero trapassa dal pensarsi al sentirsi
e con ciò termina questa lunga parentesi iniziata 13,7 miliardi di anni fa con l'evento Big Bang
e che altro non è stata che la preistoria dell'Essere.
La vita
La preistoria della vita finisce
ma non la vita che anzi la vita è proprio allora che inizia come la vita vera dell'essere vero
che altro non è che la vita dell'intero consapevole della sua integrità.
La verità
E questa vita dell'unico individuo (individuo duale beninteso del soggetto duale e non più singolare) è anche la verità
perchè la verità non è questa o quella proposizione ad essere vera piuttosto che falsa ma è invece un essere vivente reale.
"Verità è solo l'intero" (Hegel)
"E infine saremo ciò che veramente siamo" (Silvia Montefoschi)
Termina così anche il processo di individuazione perchè chi si individua non è tizio, caio o sempronio ma l'universo stesso che così viene infine a sapere della sua vera identità che è quella di essere il puro fatto relazionale e null'altro che il fatto relazionale.
L'uni-verso cessa pertanto di "andare verso l'uno" cogliendosi infine proprio come Uno nella sua vera identità finalmente integra e non più frammentata nelle tante e molteplici forme del pensiero materiali, vegetali, animali e infine umane e siccome chi è già nell'uno non può andare simultaneamente anche verso-l'uno, l'universo quale storia della relazione infine scomparirà.
"E le cose di prima sono passate." ("Apocalisse" di Giovanni Evangelista)
"E le cose di prima non sono mai state" ("Nuova apocalisse" di GiovanniSilvia)
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L'opera del 1997, "Il regno del figlio dell'uomo",
è quella in cui più che in ogni altro scritto
Silvia Montefoschi esplicita il rapporto tra
ontologia psicoanalitica e ontologia giovannea.
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Il testamento e l'eredità
Lettera al webmaster
Ricevo oggi con piacere una lettera che qui riproduco, inviatami da Silvia Montefoschi con alcune sue considerazioni sul lavoro che sto svolgendo con questo sito web sul “Pensiero Uno oltre la psicoanalisi”:
Caro Andrea,
il dirsi dell’essere tramite te, in quell’ambito attualmente più ampio del discorrere umano, che è internet, che va oltre la diffusione dei miei scritti, è perchè il tuo dire è una ulteriore tappa del percorso dell’essere uno verso il suo riconoscersi assolutamente uno.
Silvia
"Mai più dire "Io sono",
infatti solo la Vita è
ed è tutto ciò che è
ma la Vita è anche la Vita unica
è cioè una sola
e solo questa Vita unica
è la Vita vera
non più frammentata
nei tanti esistenti particolari
proprio come l'Intero
che è il solo vero."
il webmaster (Andrea Morelli)
Aneddoti e curiosità su Silvia Montefoschi
Silvia Montefoschi conobbe anche personalmente il famoso psichiatra oltre che suo maestro Carl Gustav Jung (1875-1961), infatti il dottor Ernst Bernhard (1896-1966) allievo di Jung ormai stabilitosi stabilmente a Roma e che iniziò tutti gli psicoanalisti italiani all'orientamento junghiano della psicoanalisi che egli amava chiamare invece a differenza di Jung
"psicologia del processo di individuazione", un giorno allorchè ormai Jung si avvicinava alla sera della sua esistenza terrena andò a Zurigo a far visita a Jung e portò con sè tutti i suoi allievi italiani tra i quali vi era tra i più promettenti anche Silvia Montefoschi.
Bibliografia
La nuova edizione delle opere complete
Contiene le seguenti opere di Silvia Montefoschi:
- Un tentativo di integrazione metodologica dei principali indirizzi della psicologia del profondo (1964)
- Il simbolismo dell'Aldilà nella psicologia junghiana (1968)
- Psicoterapia della famiglia: scienza o politica? (1968)
- Sulla famiglia (1977)
- L'uno e l'altro: proposta per una fenomenologia del soggetto ( 1977)
- Ruolo materno e identità personale. A proposito di movimento delle donne e psicoanalisi (1978)
- Oltre il confine della persona (1979)
- Jung oltre Freud (1982)
- Psicoanalisi e dialettica del reale (1984)
- Psicoanalisi come via di conoscenza dialettica (1985)
- Il fondamento metodologico del pensiero di Jung (1985)
- Il divenire del pensiero di Jung (1985)
- Opere 2* L'evoluzione della coscienza. Dal sistema uomo al sistema cosmico
Contiene le seguenti opere di Silvia Montefoschi:
- Opere 2** L'evoluzione della coscienza. Dal sistema uomo al sistema cosmico
Contiene le seguenti opere di Silvia Montefoschi:
- Opere 3 Il tabù dell'incesto e la storia dell'universo
Contiene le seguenti opere di Silvia Montefoschi:
- Opere 4 Il femminile, la coniunctio e il Vivente
Contiene le seguenti opere di Silvia Montefoschi:
Pagine facebook correlate alla "Rivoluzione Psicoanalitica Intersoggettiva Radicale" che promuove il trapasso antropologico radicale da una vecchia umanità ancora antroporiferita caratterizzata da una identità ancora storica alla nuova e vera umanità caratterizzata invece da una nuova identità non più storica ma puramente relazionale: