Sul senso del rapporto tra filosofia e teologia: la psicoanalisi della biologa Silvia Montefoschi e la teologia del gesuita Karl Rahner

La convergenza tra i due pensatori dell'Essere



"L'intuizione di Rahner che tutti gli uomini sono potenzialmente cristiani e pertanto destinati tutti a farsi consapevoli della veridicità assoluta del messaggio cristiano è giusta."

(Silvia Montefoschi)


Silvia Montefoschi (Roma 1925 - Zurigo 2011) - Biologa specializzatasi in genetica giunge infine alla conclusione che il vero metodo scientifico è solo il metodo psicoanalitico.
Abbandona così la ricerca scientifica presso il CNR e si laurea in medicina per dedicarsi più solo alla pratica di psicoanalista e all'ulteriore sviluppo della teoria psicoanalitica in un senso relazionale e intersoggettivo fino alla fondazione della psicoanalisi intersoggettiva radicale il cui criterio ermeneutico è quello di Pensiero Uno. 


La divergenza tra i due pensatori dell'Essere


"L'equivoco in cui Rahner resta incastrato è quello di volere a tutti i costi salvare il valore specifico della chiesa in questo processo di cristificazione universale, mentre la chiesa non ha mai riconosciuto che la consustanzialità tra il figlio e il Padre (dogmatizzata dalla chiesa stessa) riguardasse tutti gli uomini, ma l'ha riferita solamente alla natura divina di Gesù, quale unica e irripetibile incarnazione di Dio.

Così, in conclusione, la buona intenzione di Rahner di aprire la teologia alla filosofia ha finito con l'approdare a una vera e propria scolastica  quale utilizzazione della filosofia ai fini di dimostrare una già data verità rivelata che proprio in quanto rivelata è articolo di fede che non richiede alcuna dimostrazione." 

(Silvia Montefoschi)

Arrivato  il pensiero teologico  a Kal Ranher "essendo venuto meno il riferimento al vecchio Dio tradizionale si radicalizza nella visione di una perdita irrecuperabile di ogni trascendenza."



La vicenda del rinnovamento della teologia che si conclude con la morte della stessa teologia


In conseguenza di ciò da qui partono due correnti di pensiero principali tesi a rinnovare il discorso teologico tradizionale:


  1. quelle delle "teologie della secolarizzazione" (Harvey Cox)
  2. e quelle delle "teologie della 'morte di Dio'  " (Gabriel Vahanian, William Hamilton, Thomas J. J. Altizer)
  3. tuttavia dopo la teologia della morte di Dio, affermatasi soprattutto in America, nasce in Europa, la "teologia della speranza" (Jurgen Moltmann)
  4. lo stesso Jurgen Moltann proseguendo nello sviluppo della sua teologia della speranza approderà a una "Teologia della croce" 
  5. La critica all'autoritarismo del cristianesimo fin qui mai nemmeno accennata nemmeno timidamente avviene invece con il teologo Wolfhart  Pannemberg che ripropone pertanto un costante rapporto tra filosofia e teologia. Pannemberg è anche il rappresentante più significativo all'interno del dibattito tra teologia e epistemologia con la quale la teologia si incontra e si confronta al fine di appurare la sua credibilità, come una vera e propria scienza, davanti al tribunale dello statuto scientifico.  
  6. a questo punto tutto è pronto per una svolta ermeneutica della teologia (Ernst Fuchs, Gerard Ebeling, Edward Schillebeeckx
  7. la teologia politica (Johann Baptist Metz)
  8. la corrente della teologia politica sfocia infine almeno in alcuni rappresentanti di questa corrente di pensiero teologico nelle teologie della liberazione

La teologia nel terzo mondo

Il teologo cattolico Karl Rahner (in primo piano nell'immagine) con il suo allievo il teologo Johann Bapstist Metz, nel giorno dell'inaugurazione dell'anno accademico di teologia nel 1971. In seguito Metz prenderà le distanze dall'impostazione teologica del suo maestro e attualmente è annoverato tra i fondatori e massimi rappresentanti della nuova "teologia politica" che si esprimerà fra l'altro nelle "teologie della liberazione" le quali troveranno il loro terreno di elezione naturale non solo in America Latina ma più ampiamente nei paesi del terzo mondo.
"Avviene così che, nel terzo mondo, che è quello delle popolazioni oppresse economicamente, come nel'America Latina, e di quelle oppresse razzialmente, come i neri d'America, la teologia diviene una vera e propria strategia politica, nelle lotte di classe e razziali, che prospetta la redenzione finale nella liberazione dalla condizione di schiavitù.

E ciò avviene sotto l'illusione che il superamento delle differenze di classe e delle differenze di razza apra infine le porte dell'Eden." 

(Silvia Montefoschi)

La teologia nel primo mondo


Nel primo mondo intanto, dove il pensiero nell'evolversi lungo i millenni ha portato l'uomo alla consapevolezza del fondamento del suo perenne stato di oppressione, che sta nella condizione materiale  e pertanto mortale della sua esistenza, la teologia muore, perchè non è più in grado di dare una risposta concreta, che dia all'uomo si una speranza di redenzione, ma una speranza che si basi su la realtà esistente, ovvero su ciò che per l'uomo, veramente è nel suo quotidiano.

Così verso la fine del XX secolo la teologia muore, ma la sua morte porta con sé la rinascita di una ontologia filosofica-scientifica, quale riflessione del pensiero sul suo stesso pensare l'oggettualità del reale.

Che senso può avere l'evento della morte della teologia alla fine del secolo XX?


"Ma che senso ha, dal punto di vista del Pensiero Uno, la vicenda del rinnovamento della teologia che si conclude con la morte della stessa?

Se la teologia è il discorso che l'uomo fa su Dio, essendo Dio, quale Pensiero Uno, colui che parla di sé nel parlare dell'uomo, è il Pensiero Uno stesso che, in questo rinnovamento teologico, vuole rinnovare il discorso su se stesso, rinnovando la visione di sé.

E ciò egli fa abbandonando la sua identità di ente immutabile e trascendente rispetto alla mutevole realtà del mondo, quale altro da sè, per riconoscersi quale totalità dell'Essere, nel divenire storico universale dell'esistente, che si dà oggettualmente nella storia dell'universo, e riconoscersi anche, in questa oggettualità, nella sua vera essenza che è il pensiero di cui la realtà oggettuale è appunto l'oggettivazione."

Il ritorno della bestia l'anticristo a integrare la nuova immagine di Dio: il femminile di Dio


"E, riconoscendo anche che il limite della sua visione è il limite del soggetto riflessivo individuale, nel quale egli si vede ancora nella sua identità di ente singolare: l'atto, quale unico soggetto che pone la potenzialità fuori di sè come altro da sè nell'oggetto, per superare questo limite egli si nega proprio come Dio, essendo Dio l'idea che egli ha di sè come soltanto atto, e quindi come soltanto maschile; motivo questo per cui la oggettivazione di questa sua idea: la sua prima incarnazione nel Cristo, era l'uomo, quale figlio di Dio soltanto maschio.

E negandosi come Dio, ovvero come atto soltanto, si riconosce nella funzione riflessiva, ovvero nella dinamica dell'ideare, che porta in sè anche la potenzialità: il femminile, che s'era dato fino ad allora fuori di lui come oggettualità materiale.

Il Pensiero Uno inizia qui allora a riflettere proprio sulla oggettualità materiale, per riconoscerla in sè come se stesso, ovvero come un altro soggetto nel quale riconoscersi egli stesso, come tale, nella dualità dialogica dell'Uno.

Così, nel momento in cui il Pensiero Uno si misconosce nella identità di Dio, e cessa pertanto di pensar se stesso come Dio nel pensare dell'uomo, l'uomo cessa a sua volta di parlare di Dio, ponendo fine alla teologia, come ontologia religiosa, e dà inizio a una nuova ontologia, per così dire laica, quale discorso sull'Essere, tutt'uno con il pensiero, che in lui si pensa, e del quale cerca di indagare il metodo stesso del pensare."

(Silvia Montefoschi) 


L'avvenire della dimensione religiosa dopo la morte del vecchio Dio


«Gott ist tot! Gott bleibt tot! Und wir haben ihn getötet!» 
«Dio è morto! Dio resta morto! E noi l'abbiamo ucciso!»

(Friedrich Nietzsche, "La gaia scienza", 1882)

"Se invece il femminile, come disponibilità all'ascolto della voce interiore, che al donna ancora incarna, viene da tutti assunto come legittima modalità del conoscere, anche l'intuizione viene legittimata come fonte di conoscenza comune. La dimensione universale può così emergere alla coscienza di tutti e  di essa ogni individuo può fare esperienza come della reale dimensione  in cui si colloca la propria personale esistenza.

Del resto è stato predetto per 'l'ultima ora' l'avvento dell'Anticristo, di "colui che nega il Padre e il Figlio" [1 Giovanni, II, 22] ed è stato profetizzato per la fine dei tempi il sopravvento del male. Questo male, che avanzi, come nel sogno di Daniele, sotto forma di quattro bestie che salgono dal mare, o nelle sembianze del "grande drago , il serpente antico, colui che chiamiamo diavolo o satana" [Apocalisse, XII, 9] o in quelle della grande prostituta [Apocalisse, XVII, 4] [...]"seduta sopra una bestia scarlatta [...] ammantata di porpora" [Apocalisse, XVII, 4], ci ricorda comunque quell'aspetto femminile dell'essere che, bandito dalla chiarezza maschile del regno del demiurgo, venne demonizzato e precipitato nella tenebra terrestre, tant'è che di esso è anche detto che "era e non è più, ma riapparirà" [Apocalisse, XVIII, 8].

E il ricordarci di ciò ci fa pensare che sia proprio il ritornare del femminile, quale metà dell'essere negata a far sì che esso neghi a sua volta che l'essere si dia soltanto nella dualità Padre-Figlio; di tale negazione è autore l'Anticristo, che è quindi il volto del "maligno".

Più volte questa forza del male ha scosso la terra mettendo in gran subbuglio l'ordine del bene e ogni volta l'umanità ha temuto che fosse l'annuncio  della fine.

Lo stesso Jung premonitore di questo ultimo gran sovvertimento, ha visto nel volto dell'Anticristo, sepolto nella profondità dell'inconscio collettivo l' "umbra trinitatis"  che, quale metà oscura  della "totalità umana", urge per venire alla luce, essendosi l'opposizione tra i contrari acutizzata al punto da spezzare il mondo in due; è per questo che egli esorta ogni individuo a cercare in sè le radici del male e a farsi cosciente del proprio antagonismo interiore, affinchè il mondo non debba più lacerarsi in un inconsapevole conflitto.

Ma ciò che noi oggi vediamo emergere dall'ombra è l'originaria triade femminile, cioè la dialettica dell'essere, che, nel manifestarsi alla luce della riflessione (grazie al passaggio della donna sul piano riflessivo) si affianca alla triade maschile, cioè alla dialettica del pensiero, e fa fare alla coscienza un salto al di là della spaccatura in cui tutto l'essere restava crocifisso, e dunque al di là di Cristo.

Cristo infatti è il simbolo non soltanto della condizione dell'uomo  che porta in sè la consapevolezza della contraddizione inerente all'intero esistente. Cosa che l'inconscio esprime  dicendoci che la sacra sindone è impressa in ogni atomo della terra o che la forma dell'atomo è quella del Cristo crocefisso.

Allora se, seguendo la via additata da Jung cerchiamole radici del male nella profondità della nostra anima, non solo, facendoci consapevoli del conflitto interiore, evitiamo che esso agisca a nostra insaputa  lacerando il mondo, ma liberiamo il mondo dalla contraddizione che lo crocifigge.

L'ultimo conflito edipico: il maestro Sigmund Freud (ebreo e figlio di un rabbino) e l'allievo Carl Gustav Jung (cristiano e figlio di un prete protestante)
E questo perchè la diabolica trinità femminile, negando che l'essere si esaurisca nella trinità maschile, restituisce a Dio la sua duplice essenza maschile e femminile, e con ciò si libera dalla sua dannazione. "La bestia che [...] era ma che non è più [e che ] salirà dall'abisso, ma per andare in perdizione" [Apocalisse XVII, 8] tornerà ancora dalla perdizione, ma redenta dalla stessa, e questa volta per "scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo" [Apocalisse, XXI, 2] e "non ci sarà più la morte, nè lutto , nè lamento, nè affanno, perchè le cose di prima sono passate." [Apocalisse XXI,  4]

L'Anticristo che appare come il negatore della dialettica spirituale Padre-Figlio è dunque la dialettica erotica Madre-Figlia che riemergendo dall'antica negazione e cristificandosi a sua volta, porta il mito di Cristo a compimento, facendo fare alla coscienza cristica un  salto oltre se stessa.

Jung non avrebbe potuto dare una risposta esauriente al problema ponendosi egli ancora dal punto di vista della coscienza maschile  che, quale coscienza di essere dell'Essere che pone l'Essere come altro da sè proprio in quanto alla sostanza, riconosce solo in se stessa il conoscente facendo dell'oggetto di conoscenza un non conoscente se stesso.

Da questo punto di vista infatti non avrebbe mai potuto vedere che quel femminile  che egli voleva ricongiungere alla triade maschile si dava già nella stessa in quanto era lo Spirito che consustanziava il Padre e il Figlio. Spirito che quale sostanza unica di tutto l'esistente, è la dinamica del Pensiero, che coincide appunto con l'Essere, di cui il figlio è la coscienza individuale  ed il Padre la coscienza universale.

Non a caso era stata Maria a concepire la coscienza cristica quale coscienza che sa della consustanzialità tra l'individuale e l'universale, lasciandosi fecondare proprio dallo spirito che albergava in lei e che è poi il Verbo che si dava all'inizio dello spazio-tempo del nostro universo."

(Silvia Montefoschi "L'Essere vero", pag. 20-22)


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La teologia nel novecento



La teologia femminista


«Una donna che chiedesse la parità nella Chiesa potrebbe essere paragonata a un nero che chiedesse la parità nel Ku Klux Klan»
(Mary Daly, La Chiesa e il secondo sesso, prefazione alla 2ª edizione, 1975)




Mary Daly cattolica statunitense di origine irlandese laureata in religione consegue il dottorato in teologia in svizzera preso l'università di Friburgo.
Ottiene quindi la cattedra di teologia presso il Boston College un istituto universitario gestito dall'ordine dei gesuiti.

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