Shemà Israel Adonai Elohenu Adonai Ehad

 שְׁמַע יִשְׂרָאֵל ה' אֱלֹהֵינוּ ה' אֶחָד

Ascolta, O Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno 



I magnifici tre: il padre, la madre e il figlio?
No: l'uomo, la donna e la vita eterna.
Che quindi non sono più l'uomo e la donna ma l'Uomo-Dio e la Donna-Dio.
La nuova buona novella della "morte di Dio" coincide infatti anche con la "morte dell'antropos" che in termini psicoanalitici si chiama "risoluzione del transfert": l'ultimo "terzo" è infatti proprio l'Uno.



UNA E' LA VITA PERCHE' LA VITA VERA  E' SOLO LA VITA ETERNA

Dicono giusto i materialisti e i positivisti a ritenere a ragione che di vita c'è n'è una sola e che non c'è ne sono tante di vite se non nelle favole, nei miti o nelle leggende
non si sbagliano affatto a professare una tale concezione della vita che noi stessi condividiamo poichè di fatto e nella realtà la vita è una sola ma questa concezione non deve condurre necessariamente al nichilismo perchè la verità è che la vita vera è veramente una sola ma questa unica vita è eterna.
Non esiste altra vita intesa come vita vera se non la vita eterna ma la vita eterna, attenzione, non è una vita che verrà dopo, non è una utopia religiosa o politica che dir si voglia.
La vita eterna non è il paradiso, non è una promessa da venire in un futuro più o meno vicino o lontano proprio perchè non esistono altre vite ma la vita è una sola.
La vita eterna è già questa vita che stiamo vivendo: la vita eterna è l'unica vita ed è quella che è, oggi è così domani sarà diversa ma è sempre la stessa vita eterna.
E' finito il tempo della "religione oppio dei popoli".
L'Essere  è lo stesso Divenire: "panta rei" affermava infatti Eraclito di Efeso che chiamava il "divenire" "logos".
Parmenide filosofo anzi ontologo sosteneva che Essere e pensare coincidono ma infatti è il pensiero che diviene pur rimanendo il pensiero sempre identico a se stesso in quanto pensiero che pensa.
Di solito si fa l'errore di ritenere sinonimo "divenire" e "storia" ma la storia è un "incidente" del divenire, ben inteso un incidente necessario all'evoluzione del pensiero.
La storia però non una maledizione ma essa stessa è storia della salvezza ovvero storia della redenzione: redenzione del divenire dalla storia.
Oggi quindi riusciamo a concepire un nuovo divenire che non faccia più storia e sintetizziamo questa concezione a cui è pervenuta la psicoanalisi che noi chiamiamo anche "cristianesimo per adulti" o "via lucis dopo la via crucis" con la direzione di una psicoanalisi condotta allo stato dell'arte della scienza psicoanalitica quale scienza delle scienze essendo essa scienza della relazione e questa direzione che non è psicoterapeutica del singolo individuo ma redentiva della vita tutta consiste in una trasformazione identitaria di tipo radicale da una vecchia identità ancora storica a una nuova identità puramente relazionale.
Perchè?
Perchè in principio era il Pensiero, il logos ovvero la relazione
e in fine sarà di nuovo la relazione
la pura relazione cioè il divenire oltre la storia.

La vita è una sola
ed è la vita eterna
che già adesso è e non un domani

questa nostra vita che già viviamo
è la vita eterna.

La vita: il fiume Nilo e la nostra stella sole





La Regina Nefertiti nostra madre compagna e co-reggente del faraone Akhenaton anch'essa convertitasi al monoteismo di Aton Re il Dio Sole.
La tomba del suo compagno il faraone Akhenaton nostro padre fu collocata ad est della città, in perfetto allineamento con il tempio del dio Aton. All'interno di essa, per la prima volta, il faraone e la sua compagna la regina Nefertiti ritenuta coreggente, sono raffigurati nudi e Akhenaton è solo quando intercede presso il dio Aton, mentre la regina Nefertiti è rappresentata in battaglia, vestita con i simboli regali.


Egitto, Palestina e infine Grecia: l'inno al Dio-Sole del faraone Akhenaton e l'inno al Dio-Logos del vescovo di Efeso Giovanni Evangelista


L'Inno al sole più specificamente conosciuto come Grande inno ad Aton è considerato un importante testo teologico e letterario dell’antico Egitto. Viene attribuito al faraone Akhenaton.
Sono state trovate diverse versioni simili in tombe di dignitari di Akhenaton ad Amarna, come nella tomba del nobile Huya, ma il testo più completo del documento è stato restituito dalla tomba del faraone Ay, inciso sulla roccia del corridoio d'ingresso.



Tu sorgi bello all'orizzonte del cielo
o Aton vivo, da cui nacque ogni vita

Quando ti levi all'orizzonte orientale
tutte le terre riempi della tua bellezza.

Tu sei bello, grande, splendente, eccelso in ogni paese;
i tuoi raggi abbracciano le terre
tenendole strette per il tuo amato figlio.

Tu sei lontano ma i tuoi raggi sono sulla terra.
Tu sei davanti agli uomini, ma essi non vedono la tua via.
Quando vai in pace all'orizzonte occidentale,
la terra è nell'oscurità come morta.


Gli Ebrei scriveranno in seguito testi simili, così come consigli di saggezza, nel “Libro dei Salmi” di Re David, nel “Libro dei Proverbi” di Re Salomone e nell’”Ecclesiaste”.




L’inno al Dio-Logos di Giovanni il teologo per antonomasia

«... τὸ γὰρ αὐτὸ νοεῖν ἐστίν τε καὶ εἶναι.»
«… Infatti lo stesso è pensare ed essere.» 

(Parmenide, Il poema sulla natura, o Della natura)


«Οὐκ ἐμοῦ, ἀλλὰ τοῦ λόγου ἀκούσαντασ [ὁμολεγεῖν] σοφόν ἐστιν ἒν πάντα εἰδέναι.»
«Non ascoltando me, ma il logos, è saggio intuire che tutto è Uno, e che l'Uno è tutto.»

(Eraclito, Frammento 50)


In principio era il pensiero
e il pensiero in principio era ancora presso il Dio
e il Dio era il pensiero

Tutto è stato fatto per mezzo di questo pernsiero che era in principio
e senza questo Pensiero che era in principio
nulla sarebbe stato fatto di ciò che è stato fatto

In lui era la vita
e questa vita era la vera luce degli uomini

e questa luce che era in principio
splende ancora nelle tenebre
della dimensione orizzontale e oggettuale dell’Essere
poiché le tenebre non sono mai mai e poi mai riuscite
ad offuscare in maniera definitiva 
questa luce del Logos che era in principio



Ma cosa è questo Logos che è luce che dissolve le tenebre e che è quindi il Pensiero stesso quale il Vivente, alfa e omega di tutto?
E’ la relazione, il dialogo originario tra i due termini del Principio Dialogico che era, che è e che sempre sarà.
Tutte le relazioni sono la relazione ma la relazione per antonomasia, la relazione più vicina alla relazione che era in principio proprio per la buona volontà di essere l’uno ma anche l’altro, è il modello relazionale psicoanalitico essendo intersoggettività oltre ogni interdipendenza.




MATERIALE PREPARATORIO PER UNO STUDIO STORICO-TEOLOGICO






Shemà Israel Adonai Elohenu Adonai Ehad

Adonai (il dio ebraico) e Aton (il dio monoteista dell'antico Egitto) sono la stessa divinità?

Shemà (in ebraicoשְׁמַע?), Ascolta (a volte detto Shemà Israel; in ebraicoשְׁמַע יִשְׂרָאֵל; "Ascolta, [o] Israele!"), è una preghiera della liturgia ebraica. È in genere considerata la preghiera più sentita, forse assieme al Kaddish.
La sua lettura avviene due volte al giorno, nella preghiera mattutina e in quella serale. 
Shemà Israel sono le prime due parole di una sezione della Torah (Pentateuco nella Bibbia ebraica): il primo versetto infatti incorpora l'essenza monoteistica dell'ebraismo – "Ascolta, O Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno" (in ebraicoשְׁמַע יִשְׂרָאֵל ה' אֱלֹהֵינוּ ה' אֶחָד), presente in Deuteronomio 6:4, a volte tradotto alternativamente con "Il Signore è nostro Dio, Shemà il Signore uno solo." 
Ebrei osservanti considerano lo Shemà la parte più importante del servizio liturgico di preghiera nell'ebraismo e recitarlo due volte al giorno è una mitzvah (comandamento religioso, precetto). È tradizionale per gli ebrei recitare lo Shemà come ultime parole, e per i genitori insegnare ai propri figli a dirlo prima di andare a dormire la sera.


Lo shemà contiene il tetragramma biblico ovvero il nome di Dio


Originariamente lo Shemà consisteva di un solo versetto: Deuteronomio 6:4 (si veda Talmud Sukhah 42a e Berachot 13b). La recitazione dello Shemà nella liturgia ebraica, tuttavia, consiste di tre porzioni: Deuteronomio 6:4–9, Deuteronomio 11:13-21 e Numeri 15:37–41.

Le tre porzioni vengono già citate nella Mishnah (Berachot 2:2) e si riferiscono a temi centrali per la fede ebraica. 

Nella Mishnah (Berakhot 2:5) la recitazione dello Shemà era collegato alla riaffermazione del proprio rapporto personale con l'autorità di Dio. Letteralmente, recitare lo Shemà voleva dire "ricevere il regno dei cieli".

Inoltre il Talmud afferma che nelle tre porzioni si possono riscontrare sottili riferimenti ai Dieci Comandamenti. Poiché i Dieci Comandamenti furono rimossi dalla preghiera quotidiana nel periodo mishnahico (70-200), lo Shemà viene considerato un'opportunità per commemorarli.[1]

Ci sono due lettere più grandi nella prima frase (ajin ע e daleth ד) che, una volta combinate, formano "עד". In ebraico ciò significa "testimone". L'idea che pertanto viene trasmessa è che, attraverso la recitazione o proclamazione dello Shemà la persona è un testimone vivente che attesta la verità del messaggio. Le scuole cabalistiche moderne, tra cui principalmente quella dell'Arizal (Isaac ben Solomon Luria), insegnano che quando si recita l'ultima lettera della parola ebraica "ecḥad" (אחד), che significa "uno", si intende di essere pronti a "morire in Dio".

Lo Shema è costituito da una premessa, fatta di due versi, e da tre parti, costituite da brani della Torah:


  • La prima da Deuteronomio, 6:4-9
  • La seconda da Deuteronomio, 11:13-21
  • La terza da Numeri 15:37-41

La premessa è di fondamentale importanza, e costituisce, in una frase, il riassunto dei concetti fondamentali della religione ebraica:[5]
שמע ישראל י*ה*ו*ה אלהינו י*ה*ו*ה אחד
Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno. Questa frase, che dà il nome alla preghiera, contiene il Tetragramma biblico יה*ו*ה, non pronunciabile, e quindi viene letta Shema' Ysrael, Ado-nai Eloheinu, Ado-nai ehad, e pronunciata coprendosi gli occhi. Adonai ("Signore") è la resa in traduzione del tetragramma, nome che essendo sacro, non viene riportato in modo completo in quanto il materiale su cui è apposto potrebbe degenerarsi e quindi desacralizzare lo stesso nome.[6]
Il tetragramma era pronunciato una volta l'anno dal Sommo Sacerdote (Kohen Gadol) appunto in questa frase ed all'interno del Qodesh HaKodashim (Sancta Sanctorum) del Tempio. Il popolo ne copriva il suono, in modo da non sentirne la pronuncia, proclamando ad alta voce la seconda frase della preghiera (che oggi è pronunciata soltanto a bassa voce, ad eccezione del giorno di Kippur):
ברך שם כבד מלכותו לאולם ועד
Baruch shem kevod malkhuto leolam va'ed
Sia benedetto il santo Nome del Suo Regno per sempre ed in eterno
che è appunto la seconda frase della premessa.
Il testo, formato dalle tre parti (vedi sopra), è anch'esso di origine biblica e contiene precetti importanti per la vita ebraica: la dedizione alla fede, l'obbligo di istruzione dei figli, e la sua continuità, la proibizione dell'idolatria, e l'obbligo di osservanza delle mizvot.



«Ascolta Israele il Signore è nostro Dio. Il Signore è uno. Benedetto il Suo nome glorioso per sempre. E amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze. E metterai queste parole che Io (cioè Dio) ti comando oggi, nel tuo cuore, e le insegnerai ai tuoi figli, pronunciandole quando riposi in casa, quando cammini per la strada, quando ti addormenti e quando ti alzi. E le legherai al tuo braccio, e le userai come separatore tra i tuoi occhi, e le scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte (delle città). E sarà, se ascolterete i Miei comandamenti, che oggi vi do, di amare il vostro Dio e di onorarlo con tutto i vostro cuore, con tutta la vostra anima e con tutte le vostre forze, (allora) vi darò rugiada per le vostre terre, pioggia primaverile ed estiva, così raccoglierete le vostre granaglie, il vostro vino ed il vostro olio, e darò erba per il tuo bestiame, e mangerete e sarete soddisfatti. Ma guardatevi dall'aprire i vostri cuori a rivolgervi al culto di altri dei, e di adorarli, perché (allora) l’ira di Dio sarà contro di voi, e chiuderà il cielo, e non ci sarà rugiada, e la terra non darà il suo prodotto, e passerete (sarete estinti) rapidamente dalla buona terra che Dio vi ha dato. E (quindi) mettete queste parole nel vostro cuore e nella vostra anima, e siano come parole sulle vostre mani e tra i vostri occhi, e insegnatele ai vostri figli, e pronunciatele quando riposate nelle vostre case, quando camminate per strada, quando vi addormentate e quando vi alzate, e scrivetele sugli stipiti delle vostre case e sulle vostre porte. Così saranno moltiplicati i vostri giorni e di giorni dei vostri figli nella terra che Dio promise ai vostri padri di dare loro, per tanto quanto durano i giorni del cielo sulla terra. E Dio disse a Mosè: dì ai figli di Israele di fare d’ora in poi delle frange agli angoli dei loro vestiti, e vi sia un filo azzurro in ognuna di queste frange. Questi saranno i vostri zizzit, e guardandoli ricorderete i precetti divini, e li osserverete, e non seguirete i (vezzi del) vostro cuore e (le immagini dei) vostri occhi, che vi fanno deviare seguendoli. Così ricorderete e osserverete tutti i precetti, e sarete santi per il vostro Dio. Io sono il Signore Dio vostro, che vi ha fatto uscire dalla terra di Egitto per essere il vostro Dio, Io sono il Signore, vostro Dio.»
(Shemà)





Il Mosè di Michelangelo opera conservata attualmente presso la Basilica di San Pietro in Vincoli a Roma

Dal faraone Akhenaton a Mosè

Il faraone Akhenaton (1335 a.C) considerato uno dei faraoni più importanti della storia dell'Antico Egitto fu anche un teologo rivoluzionario che viene spesso identificato come "Il faraone che si ribellò agli dei" fu un faraone della XVIII dinastia, discendente del faraone Amenofi III è conosciuto anche con il precedente nome di Amenofi IV è passato alla storia come il faraone eretico, a causa del suo tentativo di sostituire, in conflitto con il potente clero tebano, il dio Amon con un nuovo culto monoteista, adoratore del dio Aton. Suo è il noto “Inno ad Aton Re”.
Contrariamente ai costumi del tempo si fece assertore di una modifica dei costumi dalla poligamia alla monogamia.
In verità dietro questo conflitto tra politeismo e monoteismo ci sarebbe stato un conflitto più nascosto tra il molteplice clero potente di Tebe e il centrale potere stesso del sovrano pertanto l’eresia monoteista del faraone Akhenaton ceh successe a Amenofi III e poi a Tutmose ceh era il suo fratello maggiore che regnò pochissimi anni, produsse uno scontro con il clero di Amon e questo scontro si fece più aspro a partire dal suo 14° anno di regno quando volle cancellare il nome di Amon da tutti i monumenti del regno.
Significativo è che a differenza delle altre divinità egizie Aton non è rappresentato in forma antropomorfa ma sempre come un sole i cui raggi sono braccia terminanti con mani, alcune delle quali reggono l'ankh, simbolo della vita.
In alcuni inni ritrovati nella tomba del sacerdote Ay viene manifestato l'universalismo imperiale al quale, secondo alcune interpretazioni, mirava Akhenaton, che si auspicava la diffusione di una religione universale con al centro il dio di tutti gli uomini, indipendentemente dalla loro razza e soprattutto il dio creatore della natura.
Akhenaton diede ordine di eliminare le immagini e i culti degli altri dei in tutto l'Egitto (come le ricerche archeologiche ci mostrano), dando così segno di una completa rottura con il politeismo. Con questo egli enunciò i principi della sua nuova dottrina:
1. Era consentito adorare un solo Dio
2. Tutti gli idoli furono banditi, specie le raffigurazione di divinità con animali e le personificazioni del sole divino
3. Nessun sacrificio di animali
4. Le sepolture effettuate senza beni materiali
5. Monogamia (come egli stesso praticò)
6. Tutte le rendite degli altri dèi egizi dovevano confluire ad un unico tesoro, quello del Dio unico
La tomba di Akhenaton fu collocata ad est della città, in perfetto allineamento con il tempio del dio Aton. All'interno di essa, per la prima volta, il faraone e la moglie, Nefertiti ritenuta coreggente, sono raffigurati nudi e Akhenaton è solo quando intercede presso il dio Aton, mentre la moglie è rappresentata in battaglia, vestita con i simboli regali.
Il suo discendente Tutankhamon fu protagonista di una controriforma che cancellò ogni traccia dell’operato teologico di Akhenaton e pertanto rispristinò il culto del dio Amon e modificando il suo stesso nome in Tutankhamon, riportò la capitale a Tebe e ridiede i privilegi ai sacerdoti .
Il politeismo così riebbe la sua rivincita.

Il primo esodo dalla terra di schiavitù e il nuovo esodo dall'universo: Mosè e Sigmund Freud

Il padre della psicoanalisi, tedesco (Vienna 1859) ma di origini ebraiche, nel 1939 pubblica uno dei suoi ultimi scritti “Mosè e il monoteismo”  “Der Mann Moses und die monotheistische Religion”. In esso, Freud discute le origini del monoteismo, offrendo la sua opinione sulle vere origini di Mosè, e del suo rapporto con il popolo ebraico.
In questo scritto storico-psicoanalitico Freud rilegge il racconto biblico a partire dal faraone monoteista Akhenaton.
Il padre della psicoanalisi sostiene che Mosè non fosse ebreo, ma in realtà un egiziano di antica nobiltà che trasmise al popolo ebraico la religione monoteista del faraone Akhenaton.

Lui stesso in quanto padre, sia pure della psicoanalisi,  si sentiva in qualche modo come una sorta di novello Mosè, aristocratico egiziano “salvato dalle acque” nel corso della guerra tra monoteisti  (Aton) e politeisti (Amon),  che avrebbe condotto il popolo eletto nella nuova “Terra promessa”.




Mosè e il Dio Solare Aton

Secondo Sigmund Freud, la storia biblica di Mosè metterebbe in evidenza la forte influenza della cultura e della religione monoteistica del dio Aton dell'Antico Egitto sulla cultura ebraica antica ed il suo monoteismo.
Innanzitutto, secondo Freud, va fatto notare che nella lingua egizia antica, "Mosè" aveva il significato di "bambino", "figlio", "discendente", (si veda ad esempio il testo citato di J. Lehmann). Inoltre, il racconto biblico della nascita di Mosè, coerentemente con altre leggende semitiche, riprende esattamente il racconto della nascita del grande Sargon di Accad, che fu abbandonato nelle acque e poi salvato per diventare in seguito un grande re.
Riportiamo di seguito quanto afferma ancora Freud a proposito dell'origine del noto credo presente nel Vecchio Testamento: Il credo ebraico, come è noto, recita "Shemà Israel Adonai Elohenu Adonai Ehad".
Se la somiglianza del nome dell'egizio Aton alla parola ebraica Adonai e al nome divino siriaco Adonis non è casuale, ma proviene da una vetusta unità di linguaggio e significato, così si potrebbe tradurre la formula ebraica: "Ascolta Israele il nostro Dio Aton (Adonai) è l'unico Dio". Inoltre, sempre per Freud, va ricordata la forte somiglianza del Salmo 104, che canta la gloria di Dio nel creato, con l'”Inno al Sole” di Akhenaton, il faraone che nel XIV secolo a.C. introdusse il culto monoteistico del dio Aton.
La presunta relazione tra il culto di Aton e Mosè potrebbe spiegarsi in due modi: mentre il caso che gli ebrei in Egitto seguissero tale culto è da escludere, rimarrebbe l'educazione che Mosè ricevette nella corte del faraone Haremhab sotto il cui regno potrebbe essere nato Mosè.
Concordanze storiche non meglio precisate fanno ritenere che dietro la figlia di faraone che adottò Mosè si celasse una nobildonna iniziata al culto di Aton, forse la regina Ankhesenamon, figlia di Akhenaton finita dopo varie vicissitudini in sposa ad Haremhab. Mentre l'ipotesi più certa è che Mosè sia stato un cortigiano di Akhenaton, e dunque fu certamente seguace del culto di Aton; questa ipotesi è suffragata dalla data di nascita di Mosè secondo la tradizione il 7 Adar 2368 (corrispondente agli anni tra il 1391-1386 a.C.) che lo fa un contemporaneo del faraone Akhetaton vissuto nel XIV secolo a.C.

Il Mosè dell'ebreo Sigmund Freud ateo ma ben integrato nella comunità ebraica viennese

Secondo il celebre padre della psicoanalisi, Mosè non era in realtà un solo uomo, che liberò gli israeliti e li condusse alla Terra Promessa, bensì due persone differenti.
Il primo Mosè, colui che liberò gli ebrei dall'Egitto, era un egizio, fanatico della religione monoteista fondata da Akhenaton, seguace dunque, di Aton, dio misericordioso, che decise di partire in una terra dove il suo credo non fosse perseguitato, così come invece succedeva in Egitto, conducendo con sé il popolo semita e alcuni seguaci egizi. Questi, durante il viaggio nel deserto, uccisero il loro maestro, e quindi il primo Mosè.Il potere passò dunque nelle mani di un secondo Mosè, un sacerdote madianita, fedele a una religione adoratrice di un Dio vulcanico e sanguinario, che non esitava nel chiedere ai propri accoliti di passare "a fil di spada" tutti gli abitanti della terra di Canaan. Questo madianita altri non era che Jethro, il suocero di Mosè che, durante il viaggio nel deserto del Sinai, andò a trovare il genero e, dopo aver conversato con lui nella tenda (luogo nel quale, secondo diversi seguaci della teoria di Freud avvenne l'omicidio del primo Mosè) uscì, da solo, e partecipò ad un banchetto in compagnia di Aronne e degli anziani d'Israele 

Mosè l'egiziano

Sigmund Freud, nel suo libro "Mosè e il Monoteismo", evidenzia questi punti: 


  1. Mosè predica in Egitto, come Akhenaton 50 o 100 anni prima, una teologia monoteistica;
  2. Mosè ha un nome egiziano;
  3. Mosè ha, nel racconto biblico, una nascita assolutamente leggendaria;
  4. un nome del dio ebraico (Adonai), ha la stessa radice del dio solare (Aton) di Amenofi IV;
  5. l'arca dell'alleanza degli ebrei presenta forti somiglianze con la "barca degli dei" dei templi egizi, circondati da cherubini con ali spiegate.

Giuseppe Flavio accomuna la figura di Mosè a quella di Osarseph, figura semi-leggendaria della storia dell'antico Egitto, e afferma di fare riferimento agli scritti dello storico egizio Manetone (periodo tolemaico, IV o III secolo a.C.).
Secondo lo storico egizio (sempre nella versione di Giuseppe Flavio) Osarseph fu un alto sacerdote (forse Primo Profeta) del clero di Osiride della città di Eliopoli che si sarebbe costruito un potente seguito tra gli intoccabili (nome forse indicante i lebbrosi) e sarebbe stato esiliato, insieme ai suoi seguaci, nella terra di Canaan in seguito ad un sogno profetico del sovrano.
Nella terra d'esilio avrebbe poi organizzato, alleandosi con le popolazioni locali, una rivolta che lo avrebbe portato a conquistare lo stesso Egitto esiliando a sua volta, in Etiopia, il sovrano ed il figlio Rapsaces, di cui viene detto essere chiamato anche Sethos.

Dopo un regno di tredici anni caratterizzato dall'oppressione religiosa Amenophis ed il figlio avrebbero scacciato l'usurpatore ripristinando il culto degli antichi dei.




Il tabernacolo della teologia psicoanalitica

Un altro testo che ci aiuta a comprendere la visione su questa questione teologica maturata nel padre della psicoanalisi è anche “Totem e tabù” in cui viene precisato come questa questione storico-antropologica si intreccia con la teoria fondante, il vero tabernacolo della teologia psicoanalitica che è il tabù universale dell’incesto simbolico che coincide anche con la sua teoria epistemologica.

Freud e il suo figlio ribelle Carl Gustav Jung: l'ultima vicenda edipica
 dopodichè fa irruzione nella storia dell'universo "la bestia dell'apocalisse"
 ovvero  l'altro Dio, Dio Donna, che assolve, risolve e dissolve
 ponendo così fine una volta per tutte all'intera storia dell'universo.

"καὶ τὸ φῶς ἐν τῇ σκοτίᾳ φαίνει,
καὶ ἡ σκοτία αὐτὸ οὐ κατέλαβεν."



"e questa luce del logos che era in principio
splende ancora nelle tenebre
della dimensione orizzontale e oggettuale dell’Essere
poichè le tenebre non sono mai mai e poi mai riuscite

ad offuscare in maniera definitiva questa luce del Logos che era in principio"

(Vangelo secondo Giovanni 1,5)


La parola alla discendenza di Sigmund Freud

Silvia Montefoschi formatasi come biologa, specializzatasi in genetica e infine medico-psicoanalista dopo l'incontro con Freud e Jung dopo essersi convinta che il vero metodo scientifico era invece proprio il metodo psicoanalitico:

“E mi parve anche di intuire perché Dio non può essere che Uno essendo unica la dinamica dell'evoluzione in cui l'Essere progressivamente si conosce.”

(Silvia Montefoschi, "Il Vivente - Il ritorno del Vivente", 1996)


Epilogo


Quando chiesi ormai tanti anni fa, ovviamente solo per via telepatica, a Teresina (Thérèse Martin) dove abitasse, ella mi disse che abitava ad Elios o forse Helios e precisò che Elios era non una vera e propria città ma un quartiere satellite per così dire della città di Gerusalemme situata sul Pianeta Cielo e lì a Gerusalemme invece allora viveva anche ma in un’altra abitazione l’evangelista Giovanni che sostituì al Sole (Aton) quale principio della vita il nuovo Logos incarnatosi nell’anthropos (il Cristo-Messia-Guida). E anche Giovanni come Akhenaton compose un Inno ma questa volta un “Inno al dio Logos” che fa da prologo al vangelo secondo Giovanni.

Dal concreto, il Dio Sole (per non dire dal concretismo) all’astratto, il Dio Logos o Divenire, che paradossalmente invece è ancora più concreto (ma non nel senso di concretismo).

Politeismo e monoteismo, molteplicità e unità: si tratta in definitiva della trasformazione di un percorso di pensiero nella continuità di un processo evolutivo.


Bibliografia

Akhenaton (faraone della XVIII dinastia), "Grande inno ad Aton" o "Inno al Dio Sole", 1335 a.C

Giovanni Evangelista vescovo di Efeso, "Inno al Dio Logos", 100 d. C.

Giuseppe Flavio, "Antichità giudaiche", 70 - 100 d.C.

Sigmund Freud, "Der Mann Moses und die monotheistische Religion” (Mosè e il monoteismo), 1939

Sigmund Freud, "Totem e tabù”, 1913

Silvia Montefoschi, "Il Vivente - Il ritorno del Vivente", 1996


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