Memoria e Ripetizione "Chi ricorda è costretto a ripetere" (Silvia Montefoschi)
All'Automaton, così chiamato dagli antichi greci ma che è quell'Essere che i cristiani chiamano Divina Provvidenza e gli psicoanalisti e i fisici quantistici "Principio di Sincronicità", si vede che ama dare dei soprannomi nel suo linguaggio onirico che gli è proprio.
Così ha soprannominato "la figlia di Hegel" la biologa e psicoanalista Silvia Montefocshi e me invece mi ha soprannominato "innamorato dalla nascita".
Ma cosa vuole dire ciò? Forse che io sono innamorato dalla nascita della figlia di Hegel?
Una tale ermeneutica del dirsi dell'Essere nel linguaggio onirico non può reggere visto che io invece sto con una bergsoniana.
Con queste parole infatti il grande filosofo evoluzionista Henri Bergson conterraneo della mia amica intima definì Thérèse Martin: "La perfetta eroina bergsoniana".
Thérèse Martin era una cattolica e il filosofo intuizionista volle da ebreo che era convertirsi al cattolicesimo ma se non mise in atto questo suo proposito fu solo perchè proprio in quegli anni della sua decisione iniziò la grande persecuzione nazista degli ebrei così per solidarietà ai suoi vecchi correligionari non ne fece nulla ma il filosofo ormai aveva deciso che il rabbino di Nazareth era proprio lui il messia che il popolo di Israele attendeva.
Io invece attendevo la mistica e cicala di Alençon fin dalla mia nascita.
Questa è una delle più belle canzoni che abbia mai ascoltato soprattutto per il ritornello che dire che è bello è poco e infatti è bellissimo. Il fatto è che io capisco il francese ma l'inglese così e così sicchè avevo in particolare inteso il titolo "My life is good" nel senso serioso del termine.
Adesso però ne ho ascoltato una versione dal vivo e mi sono accorto che il pubblico invece ride quando dice "my life is good" anche se io ancora adesso non capisco che c'è da ridere.
Vuole dire che mi studierò meglio l'inglese in modo da non incorrere in altre gaffe, nel frattempo pubblico anche l'altra versione dal vivo.
In effetti la mia vita non è che sia proprio bella anzi è bruttissima ma malgrado ciò è anche bella.
Un giorno dissi a Silvia:
"Silvia comunque noi siamo felici."
Silvia sobbalzò:
"Nooooooooooooooooooooooooo! Io non sono per niente felice."
meravigliato di questa sua reazione così violenta cercai di mitigare la mia affermazione:
"Va bhe Silvia, intendevo dire che malgrado tutto c'è un sottofondo di felicità che non ci abbandona mai malgrado le tristi vicissitudini della contro-rivoluzione."
Ma non ci fu niente da fare: lei voleva che si dicesse che non eravamo affatto felici e in un certo senso è proprio vero e infatti certe volte m trovo a dirle a Thérèse:
"Teresina amica mia io vivo all'inferno ma tu poverina con la tubercolosi e nessuno che ti capiva tanto che nemmeno tu ti capivi, tu hai vissuto in un super-inferno. Ma come hai fatto a resistere?! Come hai fatto?!"
E infatti Teresina ad un certo momento del suo calvario chiese alla altre monache del monastero di spostare lontano il comodino che si trovava vicino al suo letto dove erano conservate le medicine poichè era spesso tentata di volerla fare finita con questo suo doppio tormento nella carne (la tubercolosi) e nello spirito (la tentazione ateo-materialistica).
"Oh amica se io fossi vissuto alla fine dell'800 tu non ti saresti sentita sola e a me che invece i malati mi fanno schifo, tu invece non mi avresti fatto schifo e questo anche se sputavi sangue."
Io non c'ero nell'800 ma Lei c'è nel 2000 e così fa in modo che io non mi senta mai solo e non mi lascia mai.
"Grazie amica, io starò sempre con te, sempre sempre sempre e non ti lascerò mai mai e poi mai fino alla morte. Non sarò da meno di te, stanne certa. Io scherzo, scherzo, scherzo ma con Dio-Donna non scherzo affatto perchè con le persone serie, veramente serie e non serie solo a parole, con queste bisogna essere seri. Tu sei seria amica mia solo tu sei seria."
In questa foto scattata alla fine del 1800 si vede TM allora maestra delle novizie con la clessidra che misura il tempo finito (Thèrèse aveva molto riflettuto, proprio come Agostino prima e poi Bergson sulla realtà del tempo e non ha mai creduto all'esistenza reale del tempo), attorniata dalle sue quattro allieve con il velo bianco.
Alla sua destra seduta la sua allieva prediletta, la parigina Marie Luise Castel (poi suor Maria della Trinità) detta "la monella" che stava a Thérèse come Giovanni stava a Gesù.
Thérèse siccome era maschio pur essendo donna trattava le altre donne anch'esse come fossero un maschio e se ne fotteva altamente della divisione del lavoro che è proprio al sistema schiavistico mercantile-capitalistico sado-masochista.
"Onore a te combattente Thérèse Martin! Sempre con te. Lo giuro."
Thérèse morì attorniata nel suo letto di morte dalle sue tre sorelle carnali Pauline, Marie e Celine che Lei chiamò prima di morire così:
"Pietro, Giacomo, Giovanni."
Segno evidente che Thèrèse ormai alla sera della sua vita terrena si era totalmente identificata con Gesù.
Chi era dunque Thèrèse?
Era Gesù stesso: Gesù-Donna.
«L'Uomo e la Donna per il figlio - ancora e per molto tempo, sinché la vita terrestre non sarà giunta a maturità. Ma l'uomo e la donna l'uno per l'altro, sempre di più e definitivamente.»
(Teilhard de Chardin)
«E alla fine, è il Centro totale stesso che, ben maggiormente del figlio, appare come necessario al consolidamento dell'amore. L'amore è una funzione a tre termini: l'uomo, la donna e Dio.»
(Teilhard de Chardin "Esquisse d'un Univers personnel")
L'uomo, la donna e la vita eterna
Si, l'uomo, la donna e la vita eterna che quindi non sono più l'uomo e la donna ma l'Uomo-Dio e la Donna-Dio. La nuova buona novella della "morte di Dio" coincide infatti anche con la "morte dell'antropos" che in termini psicoanalitici si chiama "risoluzione del transfert": l'ultimo "terzo" al termine della storia dell'uni-verso e dell'evoluzione della vita è infatti proprio l'Uno.
Una è la vita perché la vita vera è solo la vita eterna
L'impegno a portare avanti il processo di spersonalizzazione non significa affatto schizofrenizzarsi in modo da minare una identità centrata sull'Io ma al contrario significa solo rinunciare e sacrificare la propria identità singolare e individuale per riconoscersi solo ed esclusivamente nella relazione.
Il filosofo Martin Buber esprimeva ciò dicendo che non esiste affatto alcuna soggettività e che la soggettività è solo una illusione, una sorta di allucinazione, uno scherzo della mente perchè in realtà esiste solo "intersoggettività" ossia in natura si dà sempre e solo un Io-Tu e non un Io.
Tenuto conto di quanto detto dunque il processo di spersonalizzazione è necessario proprio per procedere nel processo di individuazione che è il termine psicoanalitico per indicare quello che in biologia viene chiamato processo evolutivo.
Non si è soli, non si può mai essere soli neanche se ci si va a nascondere in una grotta a centinaia di metri sotto terra, si è sempre almeno in due.
Non esiste una mente irrelata: la mente isolata è solo un mito ma non è reale.
Credere di essere un singolo è solo una illusione dell'Io e una difesa della vecchia e preistorica identità ancora individuale, anzi una vera e propria resistenza alla nuova identità puramente relazionale che è la caratteristica della nuova e vera umanità dell'avvenire.
Siccome la mia amica intima ha intitolato i suoi scritti (anzi adesso che ci penso è stato "il clan Martin" a dare questo titolo nel 1898 ai suoi scritti manomessi e "corretti" da loro mentre oggi dai critici sono stati riintitolati semplicemente "scritti autobiografici" ) con "Storia di un'anima" ho voluto alludere a Lei con il titolo "Percorsi di un'anima" anche se io non sono un'anima ma un soggetto dato che al mia anima è proprio Thérèse anzi Lei è l'anima vera cioè non è un transfert mentre la pseudo-anima che è sempre fuori di noi, quello sì che è un transfert.
Per fare un esempio: la psicoanalista che ebbi prima di iniziare il percorso con Silvia, una allieva di Silvia, lei sì che era l'anima cioè un transfert anche se in verità era anche lei era Thèrèse Martin ma vista fuori di me come altra da me mentre Silvia non ,o era affatto e infatti della mai relazione con Silvia ho scritto:
"Quando mi parlava Silvia ero io stesso che parlavo con me."
In ogni caso non è così semplice descrivere tali relazioni in quanto si rischia di essere schematici perchè poi lì c'è un miscuglio di tanti fattori, per esempio la mia ex psicoanalista non era sempre fuori di me e quindi in quei casi non era un transfert e del resto se Silvia ad un certo punto dell'analisi ha sentito la necessità di scusarsi con me dicendomi:
"Scusami Andrea ma io di te non ho capito niente"
significa solo che anche con Silvia almeno limitatamente solo agli inizi dei nostri incontri la fenomenologia del transfert ha giocato brutti scherzi. Silvia però ha saputo risolvere al meglio la questione ma Silvia è Silvia e la sua allieva poverina non è che si può pretendere che sia all'altezza di GiovanniSilvia.
In ogni caso tutto è bene quel che finisce bene dato che nell'anno duemila, casualmente proprio nell'anno in cui GiovanniSilvia davano alle stampe il libro di poesie "Il bacio di Dio", io e l'allieva di Silvia, incontratici per caso, abitiamo entrambi a Genova, ci siamo abbracciati e baciati (che bella guancia liscia che ci aveva) come nulla fosse accaduto tra di noi: amici come prima e adesso andiamo d'accordissimo, lei a casa sua e io a casa mia. Dunque non mi resta che augurargli tutto il bene di questo mondo dato che non penso che lei creda all'Oltre, forse all'Aldilà, chissà ma non all'Oltre.
Detto questo come premessa, andiamo avanti.
Quello che segue sono miei scritti pubblicati nell'anno 2011.
1. La gabbia - Facebook mi fa sentire come in gabbia: non posso scrivere ciò che voglio.
2. Ciò che dico a Lei solo Lei può capirlo - Già lo sapevo da parecchio ma oggi parlando con TM me ne sono reso nuovamente conto. Non posso riportare il mio vero pensiero. A essere sincero però a distanza di tempo non me lo ricordo più e ormai non scrivo più ciò che dico a lei per cui non ho nemmeno appunti.
3. Solo la verità ritorna - Le cose importanti, ciò che conta veramente non si dimenticano per cui ritorneranno i pensieri se sono veramente importanti come credo.
4. Fuori non c'è niente - Diciamo che su FB mi contengo molto e non esprimo veramente il mio pensiero che è molto più "estremista" e cerco di farlo sembrare più "ragionevole".
5. Fuori non c'è niente - In effetti mi rendo conto che necessiterebbe di una maggiore elaborazione resta il fatto che c'è il rischio del tradimento del vero pensiero che è veramente "inaccettabile".
6. Fuori non c'è niente - E' inaccettabile se ci si muove ad un livello basso, livello che appare basso a chi si muove in alto ma che è invece il livello della vita. Perchè oggi la vita è bassa molto bassa ma se è così bassa una ragione c'è. Tra cui anche coloro che tradiscono il livello alto della vita per non "scandalizzare" per "socializzare".
7. Fuori non c'è niente - Chi è grande deve fare il grande costi quello che costi e non tradire il grande. Bisogna fregarsene se si dà scandalo o di perdere le amicizie. Testimoniare il livello alto della vita.
8. Che cosa significa pensare? - Quando io penso veramente e io penso veramente solo quando penso insieme a TM sono il primo a scandalizzarmi di ciò che penso e a non essere d'accordo con me. Iniziamo bene...
9. Non credevo di essere così evoluto - Quando vedo il pensiero fuori di me, quasi sempre lo vedo pensare bassamente e anche in ciò che apparentemente è pensiero alto rispetto al pensiero che in me si pensa è basso ancora molto basso. Non credevo di essere così grande e mi meraviglio di me stesso. Devo quindi fare molta attenzione a non andare fuori di testa.
10. Verso una nuova socialità - Già questa mia preoccupazione del rischio che corro di andare fuori di testa è un pensiero basso molto basso.
11. Verso la nuova città - Sono costretto a pensare bassamente per assomigliare agli altri e per non allontanarmi troppo dalla società e dalla storia: già sono già fin troppo distante. Io non capisco gli altri e gli altri non capiscono me. Io capisco solo TM: questa è la verità.
12. Eppure sei tu che sei tutto Cara amica mia - oggi glie l'ho detto - non posso parlare di te, lo sai che non posso parlare troppo di te. Non posso esagerare. Lo sai che la verità è che io sono un fanatico della tua persona, un esagitato, una testa calda, che non me ne frega proprio di morire, ma devo contenermi. Posso parlare di Silvia, di Giovanni e anche di loro senza esagerare troppo ma non di te. Eppure sei tu che sei tutto. Solo tu.
13. TM essendo socialità salva dalla schizofrenia ovvero dai neologismi - Devo ammettere ad essere sincero però che un po' è vero, un po' per far bella figura con lei, un po' che c'è ancora qualche residuo del mito romantico dell'eroe, non dell'eroe incompreso però, a me l'ultima cosa che mi può interessare è di essere compreso: se io miei amici fossero tutti inglesi andrebbe bene lo stesso anzi meglio così scrivo quello che cazzo voglio.
14. Non basta essere il guidatore (dux) del corpo ma occorre essere anche il guidatore del guidatore (sacer dux) - Pensare alto apparentemente non serve a niente. Eppure io che mi lamento che sono cieco, che non vedo abbastanza, si vede che invece vedo bene o forse credo di vedere ciò che altri non vedono. Non basta vedere bisogna sapere che si sta vedendo e bisogna credere a ciò che si vede. Ecco la necessità e anche la potenza del'azione rispetto alla semplice teoria.
15. Giunti al capolinea non si può andare avanti ma solo stabilizzare il capolinea - Pensare alto serve a stabilizzare in alto la visione. Ecco a cosa serve. Solo a questo e non è poco. Pensare alto in effetti non cambia niente della realtà. Ma pensare alto aiuta a pensare nuovamente alto in un circolo virtuoso nega-entropico fino all'exitus finale.
Si dà così in natura finalmente un NUOVO ORGANO DI PERCEZIONE ovvero il nuovo sesto senso del pensiero che percepisce il pensiero come realtà concreta e vivente.
Praticamente è il silenzio ovvero la vita eterna finalmente pienamente consapevole di sè.
Il desiderio incestuoso e la fallimentare soluzione edipica
Loro sapevano dell'Edipo ma ciò che non sapevano era la soluzione.
La soluzione infatti era l'esodo del nuovo popolo eletto ma l'esodo dall'uni-verso questa volta e non più solo dall'Egitto che era anch'essa terra di schiavitù per il vecchio popolo eletto.
Sapere comunque era già un buon inizio: tutti uomini come si vede. E le donne? Le donne ci sono ma stanno a casa poichè quello è il loro posto e che non si permettano.
Non che gli uomini siano cattivi come pensano alcune femministe incattivite: nessuno è cattivo, non c'è cattiveria ma è l'ordine del discorso (il logos) che necessita un tale sacrificio (che se per alcune femmine è un sacrifico per altre non è affatto un sacrificio e chi più e chi meno si trovano comunque a loro agio in un tale ordine.
Non c'è cattiveria alcune e anzi tutto il ben di Dio prodotto dal progresso è frutto di un tale ordine sado-masochista che permette comunque il funzionamento della ragione anche se si tratta della vecchia ragione.
L'essenza del sapere psicoanalitico
Almeno però con questa nuova corrente di pensiero si conosceva la legge che pre-esisteva a un tale ordine e fu proprio Freud e poi Jung a nominarla come la legge del tabù universale dell'incesto simbolico.
Poi arrivarono Silvia Montefoschi ("arrivarono" perchè trattasi in verità di GiovanniSilvia) e fu trovata la soluzione al tabù universale dell'incesto simbolico.
Non basta infatti trasgredire alla legge una tantum ma è necessario ai fini risolutivi trasgredirla anche per sempre e una volta per tutte altrimenti siamo alle solite in un eterno ritorno sempre uguale a se stesso: il rivoluzionario di oggi che si trasforma nel tiranno di domani.
Dalla coniunctio una-tantum all'ultima coniunctio
E se con Jung il lavoro comincia a concentrarsi a livello teorico (ma a livello pratico già con Freud) sul concetto di "coniunctio", si comincia invece già a parlare di "archetipo dell'ultima coniuctio". con la psicoanalista Silvia Montefoschi che non a caso chiamiamo anche "ultima psicoanalista" e a ragione "ultima " perchè è stata la rifondazione epistemologica della psicoanalisi su base più che relazionale ma intersoggettiva e addirittura intersoggettiva radicale che ha condotto al capolinea la stessa centenaria storia della psicoanalisi.
Al suo capolinea la psicoanalisi cessa di essere psicoanalisi per divenire la stessa "vita vera" oltre la preistoria della vita ovvero oltre la preistoria dell'Essere
La gestalt dell'archetipo dell'ultima coniunctio
Questo archetipo è il vero e unico novum storico di questi ultimi tempi dell'evoluzione della natura e non l'entrata nella storia delle tante "diavolerie tecnologiche" che certo non sono il male come invece certi filosofi ci vogliono port<re a credere con la messa nel banco degli imputati della tecnica ma che riguardano comunque solo il mondo del progresso, progresso che non è sinonimo e non coincide con l'evoluzione. Del resto su questo argomento in altri articoli abbiamo già detto che non la tecnica ma la divisione del lavoro tra uomini e donne, ovvero al prima divisione del lavoro, è stato il vaso di pandora da cui sono scaturiti tutti i mali eppure anche questo male è stato necessario proprio ai fini evolutivi e in questo senso è vero il detto che non tutto il male vien per nuocere. Oggi però sappiamo e una tale divisone del lavoro tra uomini e donne per la prima volta nella storia dell'universo non è più necessaria per cui voler proseguire su quella strada significa solo che la specie umana non è la specie più cattiva ma solo la specie più stupida perchè adesso sappiamo l'origine del male: il preistorico apartheid maschi femmine che se in altri tempi era necessario proprio ai fini evolutivi oggi invece è un ostacolo a una ulteriore evoluzione della specie.
La storia del lavoro e il concetto di "processo" come un "continuum" inseparabile nei suoi singoli momenti discreti e finiti
Se la storia del lavoro è la storia del lavoro, con il 1895 questa storia del lavoro coincide con la storia stessa della psicoanalisi perchè altrimenti sarebbe come dire che i veri lavoratori degli stabilimenti Fiat sono i cuochi della mensa degli operai: certo che anche i cuochi che lavorano alla mensa sono anche loro operai che partecipano della catena lavorativa ma la finalità della mensa e di tutto il processo complessivo del lavoro sono invece proprio gli operai che lavorano ala catena di montaggio delle automobili ovvero al prodotto finale.
Questi ultimi operai sono gli psicoanalisti: sia quelli che in maniera consapevole attuano la teoria psicoanalitica sia anche quelli che la attuano in maniera più o meno inconsapevole poichè anche costoro sono psicoanalisti a loro insaputa come i pazienti degli psicoanalisti che anche loro sono psicoanalisti essendo la psicoanalisi coincidente con il processo psicoanalitico ma comunque è sempre meglio saperlo di essere gli attuatori del processo psicoanalitico, questo per accelerare il processo psicoanalitico stesso. Quello dello psicoanalista infatti non può essere considerato una professione, un mestiere, proprio perchè lo psicoanalista è il vero essere umano.
A differenza infatti di coloro che temono di essere accusati di razzismo noi non abbiamo alcuna paura o timore di affermare che chi non è uno psicoanalista è un sub-umano anche se preferiamo usare i termini di "vecchia umanità e nuova umanità" in quanto i sub-umani a differenza delle altre specie animali non mancano di nulla per trasformarsi in umani veri e propri se non il sacrificio della modalità relazionale interdipendente che è poi la modalità normale di relazionarsi tra umani: schiavo-padrone, soggetto-oggetto per cui paradossale a dirsi ma gli anormali sarebbero gli umani più intersoggettivi.
Come ha fatto la psicoanalisi a capire tutte queste cose e a risolvere una volta per tutte il mistero della vita tutta?
Grazie alla teoria del transfert-proiezione.
TOMORROW IN JERUSALEM
la città di Dio (tradotto "la città della nuova e vera umanità non più antroporiferita")
Storiella ebraica? No storiella psicoanalitica
Ma io per diventare un elettrauto devo essere buono?
No, non c'è assolutamente bisogno che tu sia buono se è questo il tuo scopo ma devi semplicemente frequentare un corso professionale per elettrauti. Tutto qui.
Ugualmente per divenire un vero essere umano basta superare la fase evolutiva della comunicazione e tutto va da sè in maniera completamente naturale, niente è soprannaturale ma tutto incluso i fenomeni classificati come soprannaturali sono anch'essi totalmente naturali: non c'è affatto bisogno di diventare buoni come invece predicano i preti e i cattolici che sono condannati a stare in croce per poter essere buoni.
Gli psicoanalisti invece che hanno superato la comunicazione, loro non vivono come contro-natura non trattare l'altro da sè come un conosciuto rispetto a loro conoscenti, oggetti rispetto a loro soggetti, perchè questa è la loro nuova natura e quindi non stanno affatto in croce tra una natura (interdipendente) e una contronatura (intersoggettiva).
Il buon vecchio Dio fa bene a dare il paradiso ai preti e ai cattolici perchè loro soffrono a stare in croce e quindi se lo sono ben meritato il loro paradiso per buoni
noi "psicoanalisti" invece non abbiamo bisogno del paradiso poichè siamo già in paradiso non essendo affatto in croce e quindi non abbiamo nessun merito essendo proprio l'intersoggettività la nostra vera natura che non viviamo affatto come una contro-natura.
Una cosa simile affermava il filosofo greco Platone che della tripartizione in filosofi, operai e soldati diceva che i filosofi erano già soddisfatti grazie alla filosofia ma proprio per questo e a maggior ragione invece era opportuno e secondo giustizia stipendiare bene anzi molto bene gli operai e i soldati.
Un popolo in cammino nel grande esodo oltre la croce dell'universo
Non che la croce dell'uni-verso sia scomparsa del tutto ma quel che ne rimane è più solo la memoria della croce che funziona più solo per forza d'inerzia essendo già scomparsa come vera realtà: l'attuale memoria della croce infatti è altro dalla precedente realtà della croce.
Adesso quindi il nuovo lavoro che ci vede impegnati è più solo il non riattivare una tale memoria e non indugiare in essa in modo che si sbiadisca sempre più e poi e infine scompaia definitivamente una volta per tutte.
"E le cose di prima non sono mai state" (Nuova Apocalisse di GiovanniSilvia)
Fine della preistoria dell'Essere o Logos: finalmente il grande conflitto maschi-femmine è terminato e ne rimane più solo il ricordo.
Questo è il nuovo e vero natale.
Il Dio vero è infatti il Dio-Duale e soprattutto non altro da noi altrimenti si ritorna al transfert.
La nuova teologia psicoanalitica?
Dalla obsoleta teologia della consustanzialità con Dio alla nuova teologia della identicità con il Dio.
“Io sono l’alfa e l’omega il vivente” (Apocalisse di Giovanni)
Dio non pensa
gli umani pensano
Dio è il pensiero
"E i frammenti si cercano per realizzare l'unità originaria" (Platone) "Verità è solo l'Intero" (Hegel) "E infine il pensiero cessa di pensarsi per più solo sentirsi" (GiovanniSilvia)
Così la mia amica
l'ignorantona
si Lei
proprio Lei
con la elle maiuscola
colei che nei suoi scritti autobiografici confessò che a leggere i libri di teologia
dopo un po' le veniva il mal di testa:
"Non mi fare domande perchè tanto io non ho risposte da offrirti e non ho risposte alle tue domande non perchè io sono ignorante ma più semplicemente perchè io sono la risposta alla tua domanda:"
(Andrea Morelli, "Cantare l'uno vero - Poesie e canzoni", 1a ediz. 2010)
Nota: attenzione perchè anche se sia Platone che Hegel sono esponenti non del sistema ma del "partito dell'Uno" quale nuova logica rivoluzionaria tuttavia per Hegel l'intero non è affatto "originario" ma è "risultato", risultato di un processo dialettico che nel dopo Hegel si rivelerà essere processo evolutivo grazie a Lamark, Darwin e Friedrich Engels.
"Risultato processuale" dell'Automaton "la volpe" o "astuzia della storia" che è il "burattinaio dei burattinai" e che i discendenti di Freud e Jung chiamano anche "inconscio universale" o "principio di sincronicità" (che poi corrisponde alla "Divina Provvidenza" dei cattolici o al "Fato" nietzschiano) proprio come viene esplicitato dal suo allievo autore dell'opera nel 1921 di "La stella della redenzione" che dopo la pura teoria hegeliana sembra alludere anche a una prassi hegeliana in grado di "changer la vie et transformez le monde" delle avanguardie artistiche storiche surrealiste ma che già era in quegli anni sia pure ancora allo stato di "preistoria della psicoanalisi" non ancora giunta allo stato dell'arte:
"Unità è solo un divenire unità" (Franz Rosenzweig)
"Non esiste nella realtà alcuna libertà ma se proprio vogliamo
possiamo comunque chiamare libertà la coscienza della NECESSITA" (Friedrich Engels)
TEOTOKOS
"Amica
amica
amore mio
Lilith
Eva
Nefertiti
Teotokos
Teresa
singolarità originaria
dalla tua testa io sono nato
e a te ritornerò
ma già sono con te
e in te una cosa sola con te
conscio comunque
grazie alla Scienza
della irreversibilità del Due
pur essendo Uno."
(Andrea Morelli, "Cantare l'uno vero - Poesie e canzoni", 1a ediz. 2010)
Che ne sarà allora e infine degli esponenti del sistema?
UNA MALATTIA TERMINALE CHIAMATA "NICHILISMO"
Il trionfo definitivo e apocalittico del nichilismo quale malattia terminale coincide con la fine del nichilismo stesso dato che la morte del malato è anche la morte della malattia.
Così mentre la vita viene comunque salvata in un oltre l'uni-verso dalla nuova e vera e vera umanità non più antroporiferita per poter essere sempre più essere quali fondatori del vero Regno Umano, la vecchia umanità ancora antroporiferita invece divenuta ontologicamente insignificante scompare per mancanza di Essere.
"il finito proprio perchè finito non può mai finire ma può solo scomparire tuttavia quando scompare scomparirà in assoluto per non più ritornare" (GiovanniSilvia)
"E le cose di prima sono passate." (Apocalisse di Giovanni Evangelista) "E le cose di prima non sono mai state" (Nuova Apocalisse di GiovanniSilvia)
DE CIVITATE DEI: in cammino in un ultimo esodo verso la città di Dio
Reazione termonucleare
sintesi molecolare
sessualità
comunicazione
?
Si dà così in natura un NUOVO ORGANO DI PERCEZIONE ovvero il nuovo sesto senso del pensiero che percepisce il pensiero come realtà concreta e vivente.
Praticamente è il silenzio ovvero la vita eterna finalmente pienamente consapevole di sè.
“Sarà solo un istante e una luce abbagliante dissolverà la tenebra che ancora ottenebra la nostra mente e si udrà la voce dell’assoluto silenzio che dice la fine il fine l’infinito”
שְׁמַע יִשְׂרָאֵל ה' אֱלֹהֵינוּ ה' אֶחָד Ascolta, O Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno
I magnifici tre: il padre, la madre e il figlio?
No: l'uomo, la donna e la vita eterna.
Che quindi non sono più l'uomo e la donna ma l'Uomo-Dio e la Donna-Dio.
La nuova buona novella della "morte di Dio" coincide infatti anche con la "morte dell'antropos" che in termini psicoanalitici si chiama "risoluzione del transfert": l'ultimo "terzo" è infatti proprio l'Uno.
UNA E' LA VITA PERCHE' LA VITA VERA E' SOLO LA VITA ETERNA
Dicono giusto i materialisti e i positivisti a ritenere a ragione che di vita c'è n'è una sola e che non c'è ne sono tante di vite se non nelle favole, nei miti o nelle leggende
non si sbagliano affatto a professare una tale concezione della vita che noi stessi condividiamo poichè di fatto e nella realtà la vita è una sola ma questa concezione non deve condurre necessariamente al nichilismo perchè la verità è che la vita vera è veramente una sola ma questa unica vita è eterna.
Non esiste altra vita intesa come vita vera se non la vita eterna ma la vita eterna, attenzione, non è una vita che verrà dopo, non è una utopia religiosa o politica che dir si voglia.
La vita eterna non è il paradiso, non è una promessa da venire in un futuro più o meno vicino o lontano proprio perchè non esistono altre vite ma la vita è una sola.
La vita eterna è già questa vita che stiamo vivendo: la vita eterna è l'unica vita ed è quella che è, oggi è così domani sarà diversa ma è sempre la stessa vita eterna.
E' finito il tempo della "religione oppio dei popoli".
L'Essere è lo stesso Divenire: "panta rei" affermava infatti Eraclito di Efeso che chiamava il "divenire" "logos".
Parmenide filosofo anzi ontologo sosteneva che Essere e pensare coincidono ma infatti è il pensiero che diviene pur rimanendo il pensiero sempre identico a se stesso in quanto pensiero che pensa.
Di solito si fa l'errore di ritenere sinonimo "divenire" e "storia" ma la storia è un "incidente" del divenire, ben inteso un incidente necessario all'evoluzione del pensiero.
La storia però non una maledizione ma essa stessa è storia della salvezza ovvero storia della redenzione: redenzione del divenire dalla storia.
Oggi quindi riusciamo a concepire un nuovo divenire che non faccia più storia e sintetizziamo questa concezione a cui è pervenuta la psicoanalisi che noi chiamiamo anche "cristianesimo per adulti" o "via lucis dopo la via crucis" con la direzione di una psicoanalisi condotta allo stato dell'arte della scienza psicoanalitica quale scienza delle scienze essendo essa scienza della relazione e questa direzione che non è psicoterapeutica del singolo individuo ma redentiva della vita tutta consiste in una trasformazione identitaria di tipo radicale da una vecchia identità ancora storica a una nuova identità puramente relazionale.
Perchè?
Perchè in principio era il Pensiero, il logos ovvero la relazione
e in fine sarà di nuovo la relazione
la pura relazione cioè il divenire oltre la storia.
La vita è una sola
ed è la vita eterna
che già adesso è e non un domani
questa nostra vita che già viviamo
è la vita eterna.
La vita: il fiume Nilo e la nostra stella sole
La Regina Nefertiti nostra madre compagna e co-reggente del faraone Akhenaton anch'essa convertitasi al monoteismo di Aton Re il Dio Sole.
La tomba del suo compagno il faraone Akhenaton nostro padre fu collocata ad est della città, in perfetto allineamento con il tempio del dio Aton. All'interno di essa, per la prima volta, il faraone e la sua compagna la regina Nefertiti ritenuta coreggente, sono raffigurati nudi e Akhenaton è solo quando intercede presso il dio Aton, mentre la regina Nefertiti è rappresentata in battaglia, vestita con i simboli regali. Egitto, Palestina e infine Grecia: l'inno al Dio-Sole del faraone Akhenaton e l'inno al Dio-Logos del vescovo di Efeso Giovanni Evangelista
L'Inno
al sole più specificamente conosciuto come Grande inno ad Aton
è considerato un importante testo teologico e letterario dell’antico Egitto.
Viene attribuito al faraone Akhenaton.
Sono
state trovate diverse versioni simili in tombe di dignitari di Akhenaton ad
Amarna, come nella tomba del nobile Huya, ma il testo più completo del
documento è stato restituito dalla tomba del faraone Ay, inciso sulla roccia
del corridoio d'ingresso.
Tu sorgi
bello all'orizzonte del cielo
o Aton
vivo, da cui nacque ogni vita
Quando ti
levi all'orizzonte orientale
tutte le
terre riempi della tua bellezza.
Tu sei
bello, grande, splendente, eccelso in ogni paese;
i tuoi
raggi abbracciano le terre
tenendole
strette per il tuo amato figlio.
Tu sei
lontano ma i tuoi raggi sono sulla terra.
Tu sei
davanti agli uomini, ma essi non vedono la tua via.
Quando
vai in pace all'orizzonte occidentale,
la terra
è nell'oscurità come morta.
Gli Ebrei
scriveranno in seguito testi simili, così come consigli di saggezza, nel “Libro
dei Salmi” di Re David, nel “Libro dei Proverbi” di Re Salomone e
nell’”Ecclesiaste”.
L’inno al Dio-Logos di Giovanni il teologo per antonomasia «... τὸ γὰρ αὐτὸ νοεῖν ἐστίν τε καὶ εἶναι.» «… Infatti lo stesso è pensare ed essere.» (Parmenide, Il poema sulla natura, o Della natura) «Οὐκ ἐμοῦ, ἀλλὰ τοῦ λόγου ἀκούσαντασ [ὁμολεγεῖν] σοφόν ἐστιν ἒν πάντα εἰδέναι.» «Non ascoltando me, ma il logos, è saggio intuire che tutto è Uno, e che l'Uno è tutto.» (Eraclito, Frammento 50)
In
principio era il pensiero
e il
pensiero in principio era ancora presso il Dio
e il Dio
era il pensiero
Tutto è
stato fatto per mezzo di questo pernsiero che era in principio
e senza
questo Pensiero che era in principio
nulla
sarebbe stato fatto di ciò che è stato fatto
In lui
era la vita
e questa
vita era la vera luce degli uomini
e questa
luce che era in principio
splende
ancora nelle tenebre
della
dimensione orizzontale e oggettuale dell’Essere
poiché le
tenebre non sono mai mai e poi mai riuscite
ad
offuscare in maniera definitiva questa luce del Logos che era in principio
Ma cosa è
questo Logos che è luce che dissolve le tenebre e che è quindi il Pensiero
stesso quale il Vivente, alfa e omega di tutto?
E’ la
relazione, il dialogo originario tra i due termini del Principio Dialogico che
era, che è e che sempre sarà.
Tutte le
relazioni sono la relazione ma la relazione per antonomasia, la relazione più
vicina alla relazione che era in principio proprio per la buona volontà di
essere l’uno ma anche l’altro, è il modello relazionale psicoanalitico essendo
intersoggettività oltre ogni interdipendenza.
MATERIALE PREPARATORIO PER UNO STUDIO STORICO-TEOLOGICO
Shemà Israel Adonai Elohenu Adonai Ehad
Adonai (il dio ebraico) e Aton (il dio monoteista dell'antico Egitto) sono la stessa divinità?
Shemà (in ebraico: שְׁמַע?), Ascolta (a volte detto Shemà Israel; in ebraico: שְׁמַע יִשְׂרָאֵל; "Ascolta, [o] Israele!"), è una preghiera della liturgia ebraica. È in genere considerata la preghiera più sentita, forse assieme al Kaddish. La sua lettura avviene due volte al giorno, nella preghiera mattutina e in quella serale. Shemà Israel sono le prime due parole di una sezione della Torah (Pentateuco nella Bibbia ebraica): il primo versetto infatti incorpora l'essenza monoteistica dell'ebraismo – "Ascolta, O Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno" (in ebraico: שְׁמַע יִשְׂרָאֵל ה' אֱלֹהֵינוּ ה' אֶחָד), presente in Deuteronomio6:4, a volte tradotto alternativamente con "Il Signore è nostro Dio, Shemà il Signore uno solo." Ebrei osservanti considerano lo Shemà la parte più importante del servizio liturgico di preghiera nell'ebraismo e recitarlo due volte al giorno è una mitzvah (comandamento religioso, precetto). È tradizionale per gli ebrei recitare lo Shemà come ultime parole, e per i genitori insegnare ai propri figli a dirlo prima di andare a dormire la sera.
Lo shemà contiene il tetragramma biblico ovvero il nome di Dio
Originariamente lo Shemà consisteva di un solo versetto: Deuteronomio 6:4 (si veda Talmud Sukhah 42a e Berachot 13b). La recitazione dello Shemà nella liturgia ebraica, tuttavia, consiste di tre porzioni: Deuteronomio 6:4–9, Deuteronomio 11:13-21 e Numeri 15:37–41.
Le tre porzioni vengono già citate nella Mishnah (Berachot 2:2) e si riferiscono a temi centrali per la fede ebraica.
Nella Mishnah (Berakhot 2:5) la recitazione dello Shemà era collegato alla riaffermazione del proprio rapporto personale con l'autorità di Dio. Letteralmente, recitare lo Shemà voleva dire "ricevere il regno dei cieli".
Inoltre il Talmud afferma che nelle tre porzioni si possono riscontrare sottili riferimenti ai Dieci Comandamenti. Poiché i Dieci Comandamenti furono rimossi dalla preghiera quotidiana nel periodo mishnahico (70-200), lo Shemà viene considerato un'opportunità per commemorarli.[1]
Ci sono due lettere più grandi nella prima frase (ajin ע e daleth ד) che, una volta combinate, formano "עד". In ebraico ciò significa "testimone". L'idea che pertanto viene trasmessa è che, attraverso la recitazione o proclamazione dello Shemà la persona è un testimone vivente che attesta la verità del messaggio. Le scuole cabalistiche moderne, tra cui principalmente quella dell'Arizal (Isaac ben Solomon Luria), insegnano che quando si recita l'ultima lettera della parola ebraica "ecḥad" (אחד), che significa "uno", si intende di essere pronti a "morire in Dio". Lo Shema è costituito da una premessa, fatta di due versi, e da tre parti, costituite da brani della Torah:
La prima da Deuteronomio, 6:4-9
La seconda da Deuteronomio, 11:13-21
La terza da Numeri 15:37-41
La premessa è di fondamentale importanza, e costituisce, in una frase, il riassunto dei concetti fondamentali della religione ebraica:[5]
שמע ישראל י*ה*ו*ה אלהינו י*ה*ו*ה אחד
Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno. Questa frase, che dà il nome alla preghiera, contiene il Tetragramma biblico יה*ו*ה, non pronunciabile, e quindi viene letta Shema' Ysrael, Ado-nai Eloheinu, Ado-nai ehad, e pronunciata coprendosi gli occhi. Adonai ("Signore") è la resa in traduzione del tetragramma, nome che essendo sacro, non viene riportato in modo completo in quanto il materiale su cui è apposto potrebbe degenerarsi e quindi desacralizzare lo stesso nome.[6]
Il tetragramma era pronunciato una volta l'anno dal Sommo Sacerdote (Kohen Gadol) appunto in questa frase ed all'interno del Qodesh HaKodashim (Sancta Sanctorum) del Tempio. Il popolo ne copriva il suono, in modo da non sentirne la pronuncia, proclamando ad alta voce la seconda frase della preghiera (che oggi è pronunciata soltanto a bassa voce, ad eccezione del giorno di Kippur):
ברך שם כבד מלכותו לאולם ועד
Baruch shem kevod malkhuto leolam va'ed
Sia benedetto il santo Nome del Suo Regno per sempre ed in eterno
che è appunto la seconda frase della premessa.
Il testo, formato dalle tre parti (vedi sopra), è anch'esso di origine biblica e contiene precetti importanti per la vita ebraica: la dedizione alla fede, l'obbligo di istruzione dei figli, e la sua continuità, la proibizione dell'idolatria, e l'obbligo di osservanza delle mizvot.
«Ascolta Israele il Signore è nostro Dio. Il Signore è uno. Benedetto il Suo nome glorioso per sempre. E amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze. E metterai queste parole che Io (cioè Dio) ti comando oggi, nel tuo cuore, e le insegnerai ai tuoi figli, pronunciandole quando riposi in casa, quando cammini per la strada, quando ti addormenti e quando ti alzi. E le legherai al tuo braccio, e le userai come separatore tra i tuoi occhi, e le scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte (delle città). E sarà, se ascolterete i Miei comandamenti, che oggi vi do, di amare il vostro Dio e di onorarlo con tutto i vostro cuore, con tutta la vostra anima e con tutte le vostre forze, (allora) vi darò rugiada per le vostre terre, pioggia primaverile ed estiva, così raccoglierete le vostre granaglie, il vostro vino ed il vostro olio, e darò erba per il tuo bestiame, e mangerete e sarete soddisfatti. Ma guardatevi dall'aprire i vostri cuori a rivolgervi al culto di altri dei, e di adorarli, perché (allora) l’ira di Dio sarà contro di voi, e chiuderà il cielo, e non ci sarà rugiada, e la terra non darà il suo prodotto, e passerete (sarete estinti) rapidamente dalla buona terra che Dio vi ha dato. E (quindi) mettete queste parole nel vostro cuore e nella vostra anima, e siano come parole sulle vostre mani e tra i vostri occhi, e insegnatele ai vostri figli, e pronunciatele quando riposate nelle vostre case, quando camminate per strada, quando vi addormentate e quando vi alzate, e scrivetele sugli stipiti delle vostre case e sulle vostre porte. Così saranno moltiplicati i vostri giorni e di giorni dei vostri figli nella terra che Dio promise ai vostri padri di dare loro, per tanto quanto durano i giorni del cielo sulla terra. E Dio disse a Mosè: dì ai figli di Israele di fare d’ora in poi delle frange agli angoli dei loro vestiti, e vi sia un filo azzurro in ognuna di queste frange. Questi saranno i vostri zizzit, e guardandoli ricorderete i precetti divini, e li osserverete, e non seguirete i (vezzi del) vostro cuore e (le immagini dei) vostri occhi, che vi fanno deviare seguendoli. Così ricorderete e osserverete tutti i precetti, e sarete santi per il vostro Dio. Io sono il Signore Dio vostro, che vi ha fatto uscire dalla terra di Egitto per essere il vostro Dio, Io sono il Signore, vostro Dio.»
(Shemà)
Il Mosè di Michelangelo opera conservata attualmente presso la Basilica di San Pietro in Vincoli a Roma
Dal faraone Akhenaton a Mosè
Il faraone Akhenaton (1335 a.C) considerato uno dei faraoni più importanti della storia dell'Antico Egitto fu anche un teologo rivoluzionario che viene spesso identificato come "Il faraone che si ribellò agli dei" fu un faraone della XVIII dinastia, discendente del faraone Amenofi III è conosciuto anche con il precedente nome di Amenofi IV è passato alla storia come il faraone eretico, a causa del suo tentativo di sostituire, in conflitto con il potente clero tebano, il dio Amon con un nuovo culto monoteista, adoratore del dio Aton. Suo è il noto “Inno ad Aton Re”.
Contrariamente ai costumi del tempo si fece assertore di una modifica dei costumi dalla poligamia alla monogamia.
In verità dietro questo conflitto tra politeismo e monoteismo ci sarebbe stato un conflitto più nascosto tra il molteplice clero potente di Tebe e il centrale potere stesso del sovrano pertanto l’eresia monoteista del faraone Akhenaton ceh successe a Amenofi III e poi a Tutmose ceh era il suo fratello maggiore che regnò pochissimi anni, produsse uno scontro con il clero di Amon e questo scontro si fece più aspro a partire dal suo 14° anno di regno quando volle cancellare il nome di Amon da tutti i monumenti del regno.
Significativo è che a differenza delle altre divinità egizie Aton non è rappresentato in forma antropomorfa ma sempre come un sole i cui raggi sono braccia terminanti con mani, alcune delle quali reggono l'ankh, simbolo della vita.
In alcuni inni ritrovati nella tomba del sacerdote Ay viene manifestato l'universalismo imperiale al quale, secondo alcune interpretazioni, mirava Akhenaton, che si auspicava la diffusione di una religione universale con al centro il dio di tutti gli uomini, indipendentemente dalla loro razza e soprattutto il dio creatore della natura.
Akhenaton diede ordine di eliminare le immagini e i culti degli altri dei in tutto l'Egitto (come le ricerche archeologiche ci mostrano), dando così segno di una completa rottura con il politeismo. Con questo egli enunciò i principi della sua nuova dottrina:
1. Era consentito adorare un solo Dio
2. Tutti gli idoli furono banditi, specie le raffigurazione di divinità con animali e le personificazioni del sole divino
3. Nessun sacrificio di animali
4. Le sepolture effettuate senza beni materiali
5. Monogamia (come egli stesso praticò)
6. Tutte le rendite degli altri dèi egizi dovevano confluire ad un unico tesoro, quello del Dio unico
La tomba di Akhenaton fu collocata ad est della città, in perfetto allineamento con il tempio del dio Aton. All'interno di essa, per la prima volta, il faraone e la moglie, Nefertiti ritenuta coreggente, sono raffigurati nudi e Akhenaton è solo quando intercede presso il dio Aton, mentre la moglie è rappresentata in battaglia, vestita con i simboli regali.
Il suo discendente Tutankhamon fu protagonista di una controriforma che cancellò ogni traccia dell’operato teologico di Akhenaton e pertanto rispristinò il culto del dio Amon e modificando il suo stesso nome in Tutankhamon, riportò la capitale a Tebe e ridiede i privilegi ai sacerdoti .
Il politeismo così riebbe la sua rivincita.
Il primo esodo dalla terra di schiavitù e il nuovo esodo dall'universo: Mosè e Sigmund Freud
Il padre della psicoanalisi, tedesco (Vienna 1859) ma di origini
ebraiche, nel 1939 pubblica uno dei suoi ultimi scritti “Mosè e il
monoteismo” “Der Mann Moses und die
monotheistische Religion”. In esso, Freud discute le origini del monoteismo,
offrendo la sua opinione sulle vere origini di Mosè, e del suo rapporto con il
popolo ebraico.
In questo scritto storico-psicoanalitico Freud rilegge il racconto
biblico a partire dal faraone monoteista Akhenaton.
Il padre della psicoanalisi sostiene che Mosè non fosse ebreo, ma in
realtà un egiziano di antica nobiltà che trasmise al popolo ebraico la
religione monoteista del faraone Akhenaton.
Lui stesso in quanto padre, sia pure della psicoanalisi, si sentiva in qualche modo come una sorta di
novello Mosè, aristocratico egiziano “salvato dalle acque” nel corso della
guerra tra monoteisti (Aton) e
politeisti (Amon), che avrebbe condotto
il popolo eletto nella nuova “Terra promessa”.
Mosè e il Dio Solare Aton
Secondo Sigmund Freud, la storia biblica di Mosè metterebbe
in evidenza la forte influenza della cultura e della religione monoteistica del
dio Aton dell'Antico Egitto sulla cultura ebraica antica ed il suo monoteismo.
Innanzitutto, secondo Freud, va fatto notare che nella lingua
egizia antica, "Mosè" aveva il significato di "bambino",
"figlio", "discendente", (si veda ad esempio il testo
citato di J. Lehmann). Inoltre, il racconto biblico della nascita di Mosè,
coerentemente con altre leggende semitiche, riprende esattamente il racconto
della nascita del grande Sargon di Accad, che fu abbandonato nelle acque e poi
salvato per diventare in seguito un grande re.
Riportiamo di seguito quanto afferma ancora Freud a proposito
dell'origine del noto credo presente nel Vecchio Testamento: Il credo
ebraico, come è noto, recita "Shemà Israel Adonai Elohenu Adonai
Ehad".
Se la somiglianza del nome dell'egizio Aton alla parola
ebraica Adonai e al nome divino siriaco Adonis non è casuale, ma proviene da
una vetusta unità di linguaggio e significato, così si potrebbe tradurre la
formula ebraica: "Ascolta Israele il nostro Dio Aton (Adonai) è l'unico
Dio". Inoltre, sempre per Freud, va ricordata la
forte somiglianza del Salmo 104, che canta la gloria di Dio nel creato, con
l'”Inno al Sole” di Akhenaton, il faraone che nel XIV secolo a.C. introdusse il
culto monoteistico del dio Aton.
La presunta relazione tra il culto di Aton e Mosè potrebbe
spiegarsi in due modi: mentre il caso che gli ebrei in Egitto seguissero tale
culto è da escludere, rimarrebbe l'educazione che Mosè ricevette nella corte
del faraone Haremhab sotto il cui regno potrebbe essere nato Mosè.
Concordanze storiche non meglio precisate fanno ritenere che
dietro la figlia di faraone che adottò Mosè si celasse una nobildonna
iniziata al culto di Aton, forse la regina Ankhesenamon, figlia di Akhenaton
finita dopo varie vicissitudini in sposa ad Haremhab. Mentre l'ipotesi più
certa è che Mosè sia stato un cortigiano di Akhenaton, e dunque fu certamente
seguace del culto di Aton; questa ipotesi è suffragata dalla data di nascita di
Mosè secondo la tradizione il 7 Adar 2368 (corrispondente agli anni tra il
1391-1386 a.C.) che lo fa un contemporaneo del faraone Akhetaton vissuto nel
XIV secolo a.C.
Il Mosè dell'ebreo Sigmund Freud ateo ma
ben integrato nella comunità ebraica viennese
Secondo il celebre padre della psicoanalisi, Mosè non era in
realtà un solo uomo, che liberò gli israeliti e li condusse alla Terra
Promessa, bensì due persone differenti.
Il primo Mosè, colui che liberò gli ebrei dall'Egitto,
era un egizio, fanatico della religione monoteista fondata da Akhenaton,
seguace dunque, di Aton, dio misericordioso, che decise di partire in una terra
dove il suo credo non fosse perseguitato, così come invece succedeva in Egitto,
conducendo con sé il popolo semita e alcuni seguaci egizi. Questi, durante il
viaggio nel deserto, uccisero il loro maestro, e quindi il primo Mosè.Il potere
passò dunque nelle mani di un secondo Mosè, un sacerdote madianita,
fedele a una religione adoratrice di un Dio vulcanico e sanguinario, che non
esitava nel chiedere ai propri accoliti di passare "a fil di spada"
tutti gli abitanti della terra di Canaan. Questo madianita altri non era che
Jethro, il suocero di Mosè che, durante il viaggio nel deserto del Sinai, andò
a trovare il genero e, dopo aver conversato con lui nella tenda (luogo nel
quale, secondo diversi seguaci della teoria di Freud avvenne l'omicidio del
primo Mosè) uscì, da solo, e partecipò ad un banchetto in compagnia di Aronne e
degli anziani d'Israele
Mosè
l'egiziano
Sigmund Freud, nel suo libro "Mosè e il
Monoteismo", evidenzia questi punti:
Mosè predica in Egitto, come Akhenaton 50 o 100
anni prima, una teologia monoteistica;
Mosè ha un nome egiziano;
Mosè ha, nel racconto biblico, una nascita
assolutamente leggendaria;
un nome del dio ebraico (Adonai), ha la stessa
radice del dio solare (Aton) di Amenofi IV;
l'arca dell'alleanza degli ebrei presenta forti
somiglianze con la "barca degli dei" dei templi egizi, circondati da
cherubini con ali spiegate.
Giuseppe Flavio accomuna la figura di Mosè a
quella di Osarseph, figura semi-leggendaria della storia dell'antico Egitto, e
afferma di fare riferimento agli scritti dello storico egizio Manetone (periodo
tolemaico, IV o III secolo a.C.).
Secondo lo storico egizio (sempre nella versione
di Giuseppe Flavio) Osarseph fu un alto sacerdote (forse Primo Profeta) del
clero di Osiride della città di Eliopoli che si sarebbe costruito un potente
seguito tra gli intoccabili (nome forse indicante i lebbrosi) e sarebbe stato
esiliato, insieme ai suoi seguaci, nella terra di Canaan in seguito ad un sogno
profetico del sovrano.
Nella terra d'esilio avrebbe poi organizzato,
alleandosi con le popolazioni locali, una rivolta che lo avrebbe portato a
conquistare lo stesso Egitto esiliando a sua volta, in Etiopia, il sovrano ed
il figlio Rapsaces, di cui viene detto essere chiamato anche Sethos.
Dopo un regno di tredici anni caratterizzato
dall'oppressione religiosa Amenophis ed il figlio avrebbero scacciato
l'usurpatore ripristinando il culto degli antichi dei.
Il
tabernacolo della teologia psicoanalitica
Un altro testo che ci aiuta a comprendere la
visione su questa questione teologica maturata nel padre della psicoanalisi è
anche “Totem e tabù” in cui viene precisato come questa questione
storico-antropologica si intreccia con la teoria fondante, il vero tabernacolo
della teologia psicoanalitica che è il tabù universale dell’incesto simbolico
che coincide anche con la sua teoria epistemologica.
Freud e il suo figlio ribelle Carl Gustav Jung: l'ultima vicenda edipica
dopodichè fa irruzione nella storia dell'universo "la bestia dell'apocalisse"
ovvero l'altro Dio, Dio Donna, che assolve, risolve e dissolve
ponendo così fine una volta per tutte all'intera storia dell'universo.
Silvia
Montefoschi formatasi come biologa, specializzatasi in genetica e infine
medico-psicoanalista dopo l'incontro con Freud e Jung dopo essersi convinta che
il vero metodo scientifico era invece proprio il metodo psicoanalitico:
“E mi parve anche di
intuire perché Dio non può essere che Uno essendo unica la dinamica
dell'evoluzione in cui l'Essere progressivamente si conosce.”
(Silvia Montefoschi, "Il Vivente - Il ritorno del
Vivente", 1996)
Epilogo
Quando chiesi ormai tanti
anni fa, ovviamente solo per via telepatica, a Teresina (Thérèse Martin) dove
abitasse, ella mi disse che abitava ad Elios o forse Helios e precisò che Elios
era non una vera e propria città ma un quartiere satellite per così dire della
città di Gerusalemme situata sul Pianeta Cielo e lì a Gerusalemme invece allora
viveva anche ma in un’altra abitazione l’evangelista Giovanni che sostituì al
Sole (Aton) quale principio della vita il nuovo Logos incarnatosi
nell’anthropos (il Cristo-Messia-Guida). E anche Giovanni come Akhenaton
compose un Inno ma questa volta un “Inno al dio Logos” che fa da prologo al
vangelo secondo Giovanni.
Dal concreto, il Dio Sole
(per non dire dal concretismo) all’astratto, il Dio Logos o Divenire, che
paradossalmente invece è ancora più concreto (ma non nel senso di concretismo).
Politeismo e monoteismo,
molteplicità e unità: si tratta in definitiva della trasformazione di un
percorso di pensiero nella continuità di un processo evolutivo.
Bibliografia Akhenaton (faraone della XVIII dinastia), "Grande inno ad Aton" o "Inno al Dio Sole", 1335 a.C Giovanni Evangelista vescovo di Efeso, "Inno al Dio Logos", 100 d. C. Giuseppe Flavio, "Antichità giudaiche", 70 - 100 d.C.